A TALE OF THOUSAND STARS – CAPITOO 9

Un forte suono martellante si udì di mattina presto, ma non infastidiva i due ranger che stavano pattugliando il campo attorno alla scuola. Forse perché era dovuto a qualcuno che stava facendo qualcosa di totalmente giusto.  

Quel qualcuno stava appendendo l’immagine di Sua Maestà il Re in un posto in alto. 

Tian aveva scelto dei chiodi piccoli in modo che il vecchio legno della scuola, usato per anni, non si spezzasse. Li battè delicatamente con il martello e quando riuscì a spingerli per metà nel legno, per paura che questo si spezzasse, soddisfatto spolverò l’immagine patinata che era stata a lungo riposta sul retro della libreria.  

Due mani sottili posizionano con cura il calendario sollevato con le unghie. Tian indietreggiò per ammirare il suo lavoro, mentre un paio di occhi castani sulla carta stampata davanti a lui fissavano i suoi, mentre rifletteva. Quella era un’immagine del Padre Reale che salutava cordialmente gli uomini e le donne più anziani che avevano aspettato, per accoglierlo, in un posto remoto nell’entroterra. Il messaggio era chiaro: non importava quanto lontano fosse il suo popolo, era sempre negli occhi del suo grande padre.

L’insegnante volontario che aveva deciso di recarsi lassù con un secondo fine e quindi trasse un respiro profondo. Aveva iniziato a sentirsi in colpa per i suoi egoistici motivi, lui non lo stava facendo per nessuno tranne che per se stesso.  

«È la maglietta di mio padre.»  

Tian si voltò verso la ragazza dalla vocina familiare. La ragazza con le guance rosse sorrise ampiamente mentre tirava l’orlo di una camicia Akha che indossava.  

«Puoi ringraziarlo?»  

«Mia madre l’ha chiesto a mio padre così lui le ha dato il permesso. Lei l’aveva fatta per lui.»  Meeju ridacchiò, ricordando la guerra scoppiata in casa sua pochi giorni prima, quando sua madre chiese al padre della sua maglietta preferita e preziosa che lui indossava solo una volta ogni tanto per chiedergli di donarla al nuovo insegnante per ringraziarlo di averli aiutati.  

«…Allora puoi riferirgli le mie scuse?» Tian sorrise dolcemente mentre ricordava la storia.  «Ayi verrà a scuola oggi?»  

«Sta arrivando. La schiena di papà è a posto adesso e la mamma ha detto che lui deve studiare così nessuno potrà ingannarlo.»

Tian annuì alle parole innocenti della ragazza. Aveva deciso che avrebbe insegnato loro cose pratiche che avrebbero potuto applicare nella loro vita di tutti i giorni. Un villaggio sperduto così lontano dalla civiltà come quello non aveva bisogno di una scuola che impartisse lezioni teoriche, ma di una scuola di vita.  

Dopo il canto dell’inno nazionale di primo mattino, gli studenti che sembravano essere più di quelli della settimana precedente, si precipitarono nell’aula che era una semplice stanza con pareti in bambù. Tian prese un gessetto per scrivere una popolare tabella di misurazione della massa, con le diverse unità, sulla lavagna insieme ad un’immagine di una scala con piccole linee sotto le quali scrisse le unità di misura che gli studenti avrebbero dovuto imparare.  

Circa mezza giornata più tardi, riprese a trattare quella lezione per accertarsi quanto i bambini avessero realmente capito. Cancellò le scritte alla lavagna con la punta delle dita per poi disegnare una nuova scala di misura.  

«Se la maniglia punta su questa linea, cosa significa?» Gli alunni di Akha guardarono i numeri scritti ed alzarono le mani per contare con le dita, proprio come Tian gli aveva insegnato poco prima.  

«Otto righe significano …. 800 grammi!» 

«E se qualcuno vi dicesse che sono 500 grammi, quanti grammi mancano?»  

«300 grammi.»  

Tian sorrise, compiaciuto che il suo insegnamento avesse prodotto un buon risultato.  

«Per ora è tutto. Potete fare la pausa pranzo.» 

I bambini si rallegrarono ascoltando le sue parole e subito tirarono fuori il loro pranzo al sacco avvolto in foglie di banana strette da una corda e corsero a mangiare fuori dall’aula.  L’insegnante stesso, prese la sua scatola del pranzo che aveva ricevuto da Khama Bieng Lae la mattina.  

Il cibo era semplice: omelette, pasta di peperoncino e verdure bollite, diventate fredde, ma che erano ancora deliziose quando si aveva fame. Il ragazzo di città si mise a mangiare sul portico di legno aggiunto davanti all’aula e guardò i suoi studenti correre e giocare intorno all’asta della bandiera. Mentre si riposava attendendo di digerire il pranzo, cullato da quella brezza, Tian stava quasi per addormentarsi quando scoppiò un baccano improvviso tra i ragazzi delle tribù delle colline. Tian sobbalzò, strappato alle sue fantasticherie, mentre ascoltava le forti urla dei ragazzi che si parlavano. Si alzò in piedi e si avvicinò ai bambini che stavano correndo dietro a un oggetto in movimento alto in cielo. 

Le grida nei vari dialetti nativi e thailandesi si mescolavano in coro monotono. In qualche modo riuscì a cogliere la parola «Uccello gigante!»  

Tian alzò la mano per proteggersi gli occhi dal sole mentre guardava in alto. La scuola si trovava su un’alta scogliera, quindi stavano vedendo chiaramente una cosa che si stagliava sopra tra le nuvole.  

«Quello è un aeroplano.» Rise, mettendo due mani vicino alla bocca mentre cercava di dirlo ai bambini che urlavano per l’eccitazione mentre allungavano le braccia per imitare le ali dell’aereo e planare a destra e a sinistra nel cielo. Quando si sentirono stanchi dopo aver giocato, il nuovo insegnante nel pomeriggio spiegò loro come costruire aeroplani di carta incoraggiandoli a fare una gara di volo. Quei bambini erano intelligenti come quelli di città: una volta imparato come far planare i loro aeroplani di carta, presero a modificare i loro giocattoli, piegando leggermente le punte delle ali e la prua per far andare l’aereo più veloce e più lontano di quello dei loro coetanei.  

Peccato che sulla scogliera ci fosse troppo vento. Quando i bambini lanciarono l’aeroplano di carta, le loro creazioni vennero immediatamente investite dal forte vento che li fece precipitare al suolo. Il gioco così si era trasformato nel raccogliere gli aerei da terra e i bambini ben presto persero il loro interesse. Tian li aveva richiamati in classe in modo che la lezione potesse riprendere, ma mentre insegnava loro alcune semplici parole in inglese, iniziò a notare che i bambini erano demoralizzati.  

«Vi piace così tanto l’aereo?»  

I ragazzi si guardarono l’un l’altro. Fu Ayi a parlare: «Vogliamo volare … nel cielo.»  

«Ci vuole tempo per imparare a diventare un pilota ed è molto difficile.» Tian rispose, ma a giudicare dagli sguardi innocenti sui loro volti, sapeva che non avevano capito quella complicata spiegazione. Strinse le labbra, sentendo un nodo al petto per l’aspettativa degli studenti nei suoi confronti.  

«Che ne dite di questo? Anche se non potete pilotare un aereo, c’è qualcosa che possiamo far volare nel cielo in questo momento.»  

«Che cosa, P’Crayon?»

Un grande sorriso si aprì sul viso del ragazzo di città, i suoi occhi mostrarono una nota più furba. «Non ve lo dirò adesso. Vi rivelerò il segreto domani.» 

Un forte grido di protesta si alzò all’unisono, i ragazzi non ottennero alcuna risposta. La scuola per quel giorno era finita e Tian si recò direttamente a casa di Khama Bieng Lae.  Mentre aspettava sotto casa, vide che la persona che era venuto a trovare stava tornando dalla piantagione. Il capo del villaggio si tolse il cappello da lavoro e si spazzò via la polvere dalle cosce prima di salutare l’ospite. 

Tian si alzò immediatamente e si avvicinò all’anziano. «Voglio chiederti una cosa. Come posso andare in città adesso?»  

«Devi camminare fino alla strada principale e aspettare il minibus. Ma arriverai a valle entro sera. Di cosa hai bisogno?»  

«Ho bisogno di Internet.» Tian scelse con cura le parole vedendo lo sguardo perplesso sul volto di Khama. «Intendo dire che ho bisogno di cercare qualcosa e trovare alcuni strumenti per i bambini. È per la lezione di domani classe. Ho promesso loro che gli  insegnerò  a costruire un ‘aquilone’.» 

«Un aquilone? Cosa ti è preso questa volta?»  

«Ho visto che si sono emozionati così tanto nel vedere l’aereo, quindi penso che sarebbe bello per loro creare qualcosa che possa volare.»  

Khama Bieng Lae rifletté per un momento: «Proverò a comunicare via radio alla base.» 

«Perché devi dirglielo? Non sono un prigioniero in libertà condizionata.» Tian si accigliò facendo ridere il capo del villaggio. 

«Non sei nostro prigioniero, ma sei sotto la responsabilità del capitano Phupha. Hai appena litigato con Sakda, ricordi? Devi guardarti le spalle.» 

Tian comprese l’ultima parte, ma la prima…? Sul suo viso si dipinse un’espressione  nauseata.Da quando era diventato una responsabilità di quel gigantesco ufficiale? 

L’insegnante volontario era salito al secondo piano della casa di Khama ad aspettare ed i suoi occhi si spalancarono non appena lo vide uscire con l’equipaggiamento: una scatola con due antenne e una tracolla.

«Questa è una radio da campo militare!» Tian aveva visto quell’oggetto una volta sulla schiena dei due ranger che stavano pattugliando il villaggio.  

«Sì. La base me l’ha dato specialmente per questo periodo, in caso di emergenza.» 

«Il mio incontro è una delle emergenze?»

Bieng Lae sorrise, non offendendosi per la presa in giro di qualcuno che era giovane come suo figlio. «Tu sei un’emergenza per il capitano, non per noi.» 

Tian chiuse la bocca sentendo quelle parole come se qualcuno avesse spento un interruttore e non disse più nulla. Si limitò ad osservare l’anziano che accendeva agilmente la radio. Forse era perché Khama era diventato una recluta da circa due anni. Girò la manopola sulla frequenza preimpostata e disse nella radio nella sua mano: «Rain 1 to Star 3, passo.» 

Presto, una voce parlò dopo il  rumore bianco: «…Star 3 a Eagle, passo.»

«Kru Tian vuole scendere a valle in questo momento. Invia 1 copia a Eagle. Aspetto la risposta.» La radio si spense e Bieng Lae si voltò, facendo un piccolo balzo quando vide come l’uomo più giovane sul pavimento stava fissando la radio con occhi luminosi.  

«Ti piace la radio da campo?»  

«Sì! Penso che sia fantastica. Vorrei aprirla per vedere il suo interno.» Tian poteva sentire la sua vena inventiva, risorta in quegli ultimi giorni, scalpitare dopo aver sofferto ed essere quasi impazzito per anni a causa della miocardite.  

«Puoi aprire e vedere quello che vuoi, ma non questa. Non voglio doverti fare visita in prigione.» Bieng Lae rispose ironicamente, poi una voce venne dalla radio. «Eagle to Star 3, passo.»  

Non era stato difficile riconoscere quella voce bassa e profonda.  

«Star 3, passo.»  

«Eagle è in servizio. Manderò Pigeon. Fine della comunicazione.»

Tian si grattò il collo, non sapendo a chi si riferissero quei nomi in codice. «Immagino che Eagle sia il capitano Phupha. Ma chi è Pigeon?»

«È il dottor Wasant.»

Il giovane annuì, ma in fondo si sentì come se qualcuno gli avesse pungolato con un bastone un angolo remoto della mente e avesse suscitando un sopito senso di frustrazione.  Era sempre il dottor Nam colui su cui faceva affidamento il capitano. Tian sperava che i due non fossero altro che buoni amici, altrimenti… 

Altrimenti … cosa?  

Tian interruppe i suoi pensieri e si strofinò il viso per scacciare quei pensieri stupidi, ma ciò non aiutò a diminuire la sua ansia ribollente. 

***********************

Il Dottor Wasant, che si era offerto volontario per portare l’insegnante in città, lo stava chiamando dall’esterno della piccola capanna. Tian bloccò il cellulare, morto da tempo e collegato al cavo di ricarica, e prese un taccuino ed una penna dallo zaino prima di presentarsi alla porta. «Sono pronto. Andiamo.»  

Wasant vide il ragazzo di città vestito con abiti locali, e con uno zaino moderno, scendere  le scale e si lasciò sfuggire una forte risata.  

«Vieni vestito in questo modo?»  

Tian si guardò e alzò le spalle: «Sì, verrò così. Non è convenzionale.» In realtà aveva fretta. Se si fosse soffermato sul suo abbigliamento, aveva paura che al suo arrivo in città avrebbe trovato tutte le cartolerie chiuse.

«Mi piace. Sei carino.» Il giovane dottore represse le risatine e diede una pacca su una spalla sottile per accompagnare Tian verso la jeep militare che aspettava sulla strada principale. 

La vista del crepuscolo della montagna era pittoresca e unita alla fresca temperatura di inizio inverno, sembrava di essere in Europa. Tuttavia, il giovane in macchina stava apprezzando la vista. Tian affondò le unghie nel sedile, quasi strappando via la pelle, mentre il veicolo raggiungeva una curva senza barriere di protezione. Un leggero errore di calcolo nel girare il volante li avrebbe condotti nel precipizio della scogliera.  

Tian alzò una mano per asciugarsi il sudore limpido sulla fronte. In passato lui era stato definito un drag racer eppure la sua guida non era paragonabile a quella del dottore che guidava il fuoristrada come se fosse un pilota di F1: «Phi, dottore, puoi rallentare per favore?»  

«Non hai fretta?» Il dottore inserì rapidamente la marcia e girò bruscamente il volante per tagliare davanti al camion più vicino.  

Il passeggero deglutì a fatica. «Ho fretta di scendere, ma non all’inferno.»

«Non preoccuparti. Ho un buon talismano con me. È per la longevità.» Wasant fece l’occhiolino scherzoso al giovane che stava facendo una smorfia come se avesse appena ingerito un veleno per topi. Tian non stava scherzando quando gli aveva detto di aver paura.  La jeep con lo stemma militare sul fianco aveva impiegato solo poco più di un’ora a raggiungere il centro di Chiang Rai anziché le solite due ore… tutto d’un fiato.  

Tian emise un lungo sospiro di sollievo. Aveva ricevuto un miracolo dopo essere sopravvissuto all’intervento e non aveva intenzione di visitare l’Inferno presto. «Stiamo andando al mercato. Ci sono molti negozi dove puoi navigare online.» Disse l’autista mentre si fermavano al semaforo. «Ok. E hai un altro posto dove andare?» L’uomo che sembrava parzialmente cinese fece un sorriso complice. «Non vuoi che scopra il tuo segreto, vero?»  

«Non ho un segreto.» Tian stava dicendo la verità. Non aveva un segreto, ma molti segreti. 

Il dottore fece schioccare la lingua. «Hai quel segreto…» Si voltò e fissò i bellissimi occhi a mandorla «… il segreto del cuore.»

Tian rimase sbalordito mentre il suo cervello cercava di elaborare le parole. La faccia liscia iniziò a contorcersi come se avesse appena sentito l’affermazione più brutale. «Ti hanno insegnato l’amore sdolcinato nell’esercito? Quel capitano è altrettanto cattivo.» Aveva appena sussurrato l’ultima parte, ma non era sfuggita alle orecchie del dottore. 

«Ecco qua! Che razza di storia ti ha detto quel capitano? Posso assicurarti però che il ragazzo non ha mai detto una cosa del genere a nessuno prima.» Il tono del dottore era scherzoso, ma non era divertente per Tian.

«Cosa vuoi dire?» 

La voce morbida e profonda suonava così seria che il dottore smise di scherzare. Era abbastanza intelligente da sapere cosa avrebbe dovuto o non avrebbe dovuto fare. La questione del cuore era tra quelle due persone e nessun altro. Se il suo amico riservato non voleva che l’altro lo sapesse, non avrebbe dovuto essere lui a dirlo. «Niente. Stavo solo scherzando.»

Tian non voleva trascinare la conversazione oltre così guardò fuori dall’auto, restando seduto immobile ed in silenzio per qualche minuto prima di dire. «Pensavo che tu e il capitano foste… ehm…» balbettò.  «Fidanzati.» 

La grande jeep si fermò improvvisamente e Tian quasi batté la testa sul cruscotto. Un forte, rabbioso clacson provenì dalla macchina dietro che aveva spinto il medico a passare a un’altra marcia per guidare. «Ma stai scherzando?» Chiese Wasant, sentendosi nervoso.  

Il ragazzo di città in abiti Akha guardò in basso e borbottò: «No… non sto scherzando.»  

«Allora dovrei darti una risposta onesta e seria?»

«Sarebbe carino.» La risposta era stata ancora più morbida.  

Il medico militare si raddrizzò al volante, emettendo un lungo sospiro. «Ho una ragazza. Ci sposiamo l’anno prossimo.»  

«Una fidanzata?»  

«Sì, una ragazza,  una bella ragazza. È una dottoressa in un ospedale pediatrico a Bangkok.»  

«Questo significa … che il capitano ha il cuore spezzato.»  

Il dottore voleva far risuonare nell’auto una forte risata, ma si trattenne: «Ti dispiace per lui?» 

Gli occhi castano chiaro guardarono il dottore e subito distolsero lo sguardo come tipico di chi aveva la coscienza sporca: «No … io…ehm…io solo.» Tian aveva voglia di urlare solo la parola ‘NO!’, ma la parola gli  rimase in gola. «Va bene.»

Il dottore ebbe pietà del giovane: «Non devi dirmelo se non riesci a capirlo.  Ti assicuro che quello che c’è tra Phu e me è solo una stretta amicizia, ma non è così stretta in fondo. Lo giuro sulla mia vita.» Wasant, però, non poté fare a meno di fare una insinuazione. L’intero viaggio proseguì poi nel silenzio finché non raggiunsero la città affollata di visitatori.

Wasant girò la chiave per spegnere il motore e chiamò l’uomo più giovane che guardò fuori dal finestrino con uno sguardo distratto sul viso: «Tian …» 

Il giovane si voltò verso di lui con la faccia di chi si era appena svegliato da un sogno ad occhi aperti: «Sì?»  

«Ti senti a disagio con un omone…come Phu?»  

Tian rimase in silenzio per alcuni secondi come se cercasse di formare una risposta nella sua mente: «Disagio. In che modo?»  

«Nel senso in cui pensavi che io e Phu fossimo una coppia.» Il sorriso del dottore era così onesto, il più sincero da quando si erano conosciuti, che Tian era nervoso.

«Sento che è come qualcuno che conosco, non mi disgusta. Ma vederlo come qualcos’altro, io … non lo so.» Quella era la risposta più appropriata in quel momento. Tian si mosse come per scendere dalla macchina, ma prima di poter uscire sbottò senza voltarsi per guardare l’autista. «Mi dispiace di aver accennato a questa cosa. Puoi dimenticartene.» 

Quello non era un argomento di cui discutere tra uomini, pensò e saltò fuori dall’auto, scostandosi i capelli dal viso mentre la confusione gli si faceva strada nella mente.  

Wasant lo seguì e gridò dietro al giovane: «Ci vediamo in macchina tra un’ora! Ti porto in cartoleria.»  

Anche se la figura snella si stava allontanando senza alcuna risposta, il dottore era certo che Tian avesse sentito le sue parole. Non sapeva se la sua spinta fosse troppo forte così si pizzicò le tempie pulsanti per essersi intromesso nella storia d’amore di qualcun altro. Il suo amico soldato era più sensibile di quanto la gente credesse. Phupha conosceva le proprie preferenze sessuali, ma portava il peso di un immenso senso di colpa nei confronti dei suoi defunti genitori. Ecco perché si era ritirato dalla luce della città e da tutte le tentazioni, con lo scopo di votarsi al servizio del suo paese presso il confine e di rimanere scapolo fino al suo ultimo respiro, ma il dottore non pensava che fosse la scelta giusta. 

La bella e liscia carne di un cervo gli era consegnata come un dono dal cielo e la tigre che era da tempo in letargo non avrebbe dovuto guardare da lontano, mentre gli veniva l’acquolina finché la carne non fosse stata pronta.  

Se Tian non avesse provato lo stesso, sarebbe stato come un pungiglione nella carne, ma niente di fatale. Se il ragazzo, però, avesse ricambiato, allora i due cuori sarebbero stati in grado di fondersi in uno soltanto.  

Tian andò avanti, senza prestare attenzione a ciò che lo circondava, finché non trovò un negozio di giochi in un edificio commerciale che forniva servizi Internet. Entrò e un ragazzo adolescente che sedeva dietro uno schermo si alzò subito nel vedere un nuovo cliente. Guardò il giovane dalla testa ai piedi, osservando il suo aspetto da giungla e gli scattò una domanda provocatoria: «Da quale collina sei appena sceso?» chiese non troppo piano suscitando delle risatine offensive da parte degli uomini e delle donne presenti nel negozio.  Quella era la prima volta che Tian si rendeva conto del dolore che si provava nell’essere guardato dall’alto in basso per il proprio status sociale. Se ciò fosse accaduto prima, avrebbe portato la sua banda ad appiccare fuoco al negozio, poi avrebbe schiaffeggiato il proprietario con una mazzetta di soldi per farlo tacere, ma quel giorno si rese conto che era una linea di comportamento inutile che non serviva ad altro che a fargli perdere soldi. 

Con le labbra sottili sollevate in un debole sorriso, si chinò sul bancone dove sedeva l’adolescente. «La stessa collina da cui veniva tuo padre, puttana. Guarda cosa ti è uscito di bocca, ragazzo.» Il tono basso e intimidatorio provocò un brivido alla spina dorsale del ragazzo non solo per le parolacce che erano appena uscite da quella bocca, ma anche per il tono che procurò la pelle d’oca all’ascoltatore. «Co…cosa vuoi, fratello?»  

«Sono qui per internet.» Tian indossò il cappello da gangster come era solito fare e diede all’adolescente un altro comando intimidatorio: «Voglio ricaricare anche il mio telefono.»

«Puoi sederti ovunque tu voglia. La spina è sotto la scrivania del computer.» L’adolescente balbettava mentre cercava di accontentare il nuovo cliente come un uomo che temeva per la sua vita. 

«Grazie, fratello.» Il ragazzo di città vestito con i tipici abiti da tribù della collina si voltò a guardare le scrivanie del computer, rendendosi conto che tutti gli occhi erano puntati su di lui, così gridò: «Che cazzo state guardando?! Per caso sono nudo e volete vedere il mio cazzo o qualcosa del genere?!» Il silenzio cadde nel negozio. Tian sorrise, soddisfatto di sé e cercò un angolo tranquillo dove occuparsi dei suoi affari. Il finto giovane di una tribù delle colline si chinò sotto il tavolo e collegò il cavo di ricarica alla presa.  

Pochi minuti dopo, il costoso cellulare riprese vita, così digitò il numero di un amico che sapeva dove si trovava e al pc cercò come costruire un aquilone mentre aspettava che l’altra persona rispondesse. Il telefono squillò prima che qualcuno rispondesse: «Tian, bastardo!»  

Il figlio di un ex influente ufficiale militare allontanò il telefono dalle orecchie e poi rispose: «Figlio di puttana! Non c’è bisogno di gridare, amico, i miei timpani si stanno rompendo!»

«Che cazzo, amico! Dove cazzo sei stato nelle ultime due settimane? Non sono riuscito a rintracciarti. Pensavo fossi stato assassinato da alcuni lavoratori illegali!»  

Erano passate solo due settimane da quando era scappato? Perché a Tian sembrava una vita? 

«Non c’è segnale sulle montagne. Sono appena sceso in città.» rispose Tian.  

«Dimmi una cosa. Hai messo su una bella sceneggiata in cui interpreti un bravo insegnante volontario sulla collina? Ti avevo dato tre giorni prima che volessi tornare a casa.» Tul aveva ragione. Tian aveva desiderato fare le valigie e partire la prima notte. Eppure, quando si era deciso a resistere, si era reso conto che non era poi così male ed era stato inondato dalla gentilezza degli abitanti del villaggio.  

«Sto bene. Ce la posso fare.» tagliò corto. «Ti chiamo per chiederti della situazione a casa mia. Qualcosa non va. Se fossi uscito per qualche ora, mi avrebbero chiamato sempre. Ora sono via da due settimane, dopo aver lasciato solo una lettera per spiegare tutto. Non credevo che mamma e papà sarebbero così comprensivi.»  

«Pensi che un grande capo come tuo padre sarebbe in grado di trovarti?» chiese il suo cospiratore.  

«Certo. Ecco perché dico che è strano che nessuno abbia pianto e sia corso a rintracciarmi per riportarmi indietro.»  

«Significa che è tuo padre che ti ha permesso di stare là.» Il ragazzo dall’altra parte sembrava fiducioso del suo giudizio.  

«Gli uomini di mio padre sono venuti da te?» 

«Cosa? No!»  

La solita voce profonda di Tul si alzò di alcune note e Tian si accigliò: «Sei sicuro?»  

Sentendo la domanda, la voce di Tul si alzò ancora di più: «Perché me lo chiedi?! Nessuno ti sta seguendo come volevi! Cos’altro vuoi?!»  

«Niente. Va bene allora. Ho qualcosa da cercare su Google.» 

Prima di riattaccare, il suo amico disse qualcosa: «Che cazzo è quel qualcosa? Forse posso aiutarti. Sono libero e annoiato.» 

Tian ridacchiò:«Insegnerò ai ragazzi delle tribù delle montagne come ‘costruire un aquilone’.  Vuoi aiutarmi con questo?»

«Intendevi masturbarti? Malvagio figlio di puttana!» 

«Sì, giusto, sono un malvagio SOB. Insegnerò loro come tirare Chula Kite, Snake Kite … e impareranno a volare così in alto da raggiungere il paradiso!» 

Il suo amico di Bangkok urlò maledizioni all’altro capo della linea dopo aver capito di esser stato preso in giro con quelle allusioni e riattaccò. Il ragazzo di città ridacchiò, felice di essersi lasciato trasportare dalle corrente. Mosse il mouse e guardò per i materiali necessari a costruire gli aquiloni e come realizzarli, poi scrisse tutto sul suo taccuino.  

Mentre l’ora della riunione con il dottore si avvicinava, Tian afferrò le sue cose e pagò per l’utilizzo di Internet allo sportello vicino all’ingresso; il ragazzo adolescente che gestiva il negozio gli diede quasi un’ora gratis. Poi tian si precipitò di nuovo al parcheggio dove lo stava aspettando il dottor Wasant. 

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L’insegnante dedito aveva provato con i materiali che il dottor Nam aveva pagato. Tian aveva realizzato un semplice aquilone seguendo le istruzioni che aveva preso da un sito web, usando solo carta per gli aquiloni, con colla in lattice e corda di canapa. Come struttura dell’aquilone aveva usato i rami raccolti intorno alla capanna, li aveva poi affilati per costruire la struttura. Il bambù sarebbe stata una scelta migliore, grazie al suo peso più leggero. Tian si era impegnato fino a tardi prima di accontentarsi della propria creazione e addormentarsi fino al sorgere del sole, all’alba. Si era poi alzato così tardi che aveva avuto solo il tempo di lavarsi i denti e lavarsi il viso con acqua fredda. Dopo essersi vestito, balzò fuori dalla capanna con le due braccia piene dei suoi attrezzi per dirigersi verso la scuola. 

Una volta arrivato lì, gli studenti avevano già cantato l’inno nazionale e si erano seduti ai loro posti in classe. Tian si fermò vedendo l’enorme ufficiale con la maglietta verde khaki con i suoi pantaloni mimetici che portava con due ranger degli steli di bambù ed li adagiava sul gradino della porta.  

Il capitano Phupha alzò lo sguardo e incontrò gli occhi interrogativi di Tian: «Perché mi guardi così? Non hai bisogno di questi steli di bambù? Li taglieremo per te.» 

«Non sto dicendo niente.» Tian abbaiò la risposta e sbatté i suoi attrezzi sul tavolo. 

L’argomento di cui aveva discusso il giorno prima con il dottore ancora lo infastidiva. Anche se il capitano e il dottore non erano amanti, non significava che il capitano non provasse un sentimento romantico nei suoi confronti. Il ragazzo di città scrollò le spalle ed entrò nella piccola aula ignorando l’uomo più alto che lo guardava. 

Gli occhi del capitano seguirono il giovane che si era trattenuto dalla sua solita replica e questo era insolito. Il suo amico si era limitato a mantenere quel sorriso complice sul viso una volta tornato dalla città, senza dirgli nulla. Phupha si chiese se quel chiacchierone avesse rivelato qualcosa che non avrebbe dovuto. Il giovane capitano scosse la testa esasperato. Aveva ordinato ai due ranger di iniziare a tagliare i bambù con i machete in silenzio. Mentre affilavano il bambù per crearne delle piccole stecche, il capitano prestò attenzione all’insegnante irascibile che stava insegnando ai bambini.  

La voce profonda di Tian mescolata alle voci acute dei bambini che cercavano di dargli la risposta giusta lo fecero sorridere.  

«È incredibile, non è vero?» Uno dei ranger che aveva visto il nuovo insegnante volontario dal primo giorno in cui era arrivato alla cerimonia di benvenuto fino a quel giorno chiese al capitano. 

«Non pensavo che sarebbe durato così tanto.» Phupha inarcò le sopracciglia. «E ora?» 

«Penso che rimarrà per un po’.»

Il capitano rimase in silenzio per un momento e sorrise. «Anche se volesse, non potrebbe. Ha un futuro migliore davanti a sé e non dovrebbe trattenersi qui.»  

«Sono d’accordo. È ancora così giovane.»  

«È vero. Non si è nemmeno laureato all’università.» Phupha lo aveva detto più per ricordarlo a se stesso. 

«Che peccato. I bambini e la gente del posto sembrano amarlo.» 

Il capitano non disse altro, ma continuò ad affilare e levigare il bambù con il suo coltellino svizzero. Durante la pausa pranzo, diede il pranzo riposto in un contenitore di ceramica a un ranger per portarlo all’insegnante. Erano solo piatti semplici: uova sode in salsa marrone dolce, avanzate dalla cena del giorno prima, con maiale fritto all’aglio. 

Tian, sedutosi per il pasto, usò il cucchiaio per raccogliere il cibo ed il suo volto si scurì quando vice l’uovo essiccato e fece una smorfia. «Sei sicuro che posso mangiarlo?» 

Sembrava un dipinto «Non sai cosa stai dicendo! Questo colore significa che l’uovo è delizioso ed è stato fatto bene!» il ranger rise. 

«Farò finta di crederti.» Tian stava morendo di fame, dato che non aveva toccato cibo dalla mattina; anche se fossero state uova bollite nel benzene, l’avrebbe inghiottite. Tian si mise il riso in bocca e lo masticò, sentendosi contento di non dover guardare i suoi modi.

«Hai mai fatto un aquilone prima?»  Chiese Phupha per curiosità e ottenne un’occhiataccia in risposta.  

«Ho studiato in una scuola internazionale, quindi questa è stata la prima volta che ho visto un aquilone di carta.» Disse Tian in modo spiccio mentre beveva l’intera bottiglia d’acqua dopo aver finito il pranzo.  

Le sopracciglia folte e scure si aggrottarono. «Allora come lo insegnerai ai bambini?» 

«Non è così complicato. Ne ho fatto uno la scorsa notte e sembrava un aquilone.»  

«E come vuoi farlo volare?» Il capitano iniziò a sudare, vedendo un imminente destino. 

«L’ho visto su youtube. Si deve correre e il vento solleverà l’aquilone da solo.»  

Il capitano avrebbe voluto dargli uno scappellotto ascoltando quella risposta. «Quindi … non hai mai fatto volare un aquilone prima.»

«No.» Le labbra sottili sogghignarono. «Ma io ho fatto volare un altro tipo di aquilone…quello sotto i miei pantaloni.»

Phupha fece una smorfia. Si raddrizzò e si chinò verso l’uomo che sedeva a gambe incrociate accanto a lui: «Intelligentone. Vuoi farlo contro di me?»

Una volta ascoltata la sfida lanciatagli, le guance lisce di Tian si infiammarono e il giovane saltò via lontano dal capitano. Non era intimorito dalle sue allusioni sessuali, ma era scosso da quanto vicino fosse appoggiato a lui e a quel viso abbronzato.

« Io…io preparo l’aquilone! « Tian corse via, seguito dalle fragorose risate dei tre soldati che sembravano prenderlo in giro. Quando l’orologio segnò le una del pomeriggio, i bambini Akha corsero in classe per sentire cosa aveva in serbo per loro Tian, con indosso gli abiti locali tessuti a mano che gli coprivano le spalle, mentre scarabocchiava alla lavagna.  

La prima immagine che apparve era quella che sembrava una croce con linee collegate. Il nuovo insegnante volontario si voltò e rivolse ai bambini un sorriso compiaciuto.  «Faremo un aquilone.» 

«Che cos’è un aquilone? «I bambini hanno chiesto ad alta voce.

«Qualcosa che vola.» L’insegnante non sapeva come spiegare.» Lo costruiremo adesso così lo scoprirete.» Diede loro una risposta diretta e li chiamò tutti a sedersi in cerchio, con lui al centro, per spiegare loro i semplici passaggi. 

Tian ha mise insieme le due stecche di bambù affilate e sottili, come una croce. Aspettò che tutti facessero lo stesso, poi il capitano diede a tutti una corda di canapa per avvolgere il punto in cui si sovrapponevano le assi. Una volta stretto insieme i bambù, Tian ha aiutò i bambini a infilare una corda alle quattro estremità del legno in modo da creare una cornice per la carta. Da una spessa pila di carte colorate  ne prese una e la pose sopra la semplice cornice dell’aquilone e prese a tagliare la carta con una forbice. Il suo riluttante assistente gli porse della colla di lattice e si accovacciò per aiutarlo a incollare la carta mentre i bambini li guardavano con occhi luminosi, entusiasti.  

«Basta incollare la carta con uno strato sottile di colla.» Spiegò Tian dandone una dimostrazione.  

«Perché?» 

«Ho guardato un video di istruzioni. Lì hanno persino usato del fuoco per bruciare il legno. Forse ha qualcosa a che fare con il peso dell’aquilone. La colla aggiunge peso. Se vuoi far volare qualcosa in aria con la forza del vento, devi farlo il più leggero possibile. Se metti uno strato di colla troppo spesso questo risulterà pesante ed impiegherà un tempo maggiore per asciugare. Questi aquiloni di carta sottile potrebbero anche essere troppo bagnati.»  

Phupha fece un lieve sorriso. Quando il ragazzo parlava di qualcosa di cui era appassionato, si trasformava in un’altra persona e non si comportava come un rompicapo come al solito. Poteva persino vedere la determinazione in quegli occhi.  

«Allora perché un aereo pesante può volare?»

«Un aereo usa le sue ali per sostenere tutto il suo peso. Le ali sono state progettate per questo. Quando il vento colpisce la curva superiore dell’aereo, tutta l’aria scorre rapidamente verso la parte posteriore delle ali. Tuttavia, la parte inferiore ha un flusso d’aria più lento,  quindi crea un’elevata pressione dell’aria che a sua volta crea una forza di sollevamento.»

«Ma la forza di sollevamento può nascere solo con la propulsione già esistente. Più potente è la propulsione in avanti, più velocemente l’aria scorre attraverso le ali, creando una maggiore spinta.»  

«E’ il motore dell’aereo a creare la spinta necessaria per il sollevamento del veicolo. Per quanto riguarda l’aquilone, questa sarà generata dal modo in cui tiriamo la corda mentre corriamo e la tiriamo verso l’alto.» 

Tian aggrottò la fronte, poiché stava cercando di dare una spiegazione in parole povere, semplici da comprendere, ma gli sembrava di star parlando in modo ancora più incomprensibile. Quando vide poi l’altro uomo, le sue terminazioni nervose furono attraversate da una scarica elettrica. «Mi stai confondendo inducendomi parlare?!»  

Come poteva quell’uomo rivolgergli un ampio sorriso mentre lui stava dando una lunga spiegazione. I suoi occhi brillavano così tanto che Tian provò il desiderio di strapparglieli e di lanciarli in giro come delle perle di marmo!

«Non ti sto prendendo in giro.» Il capitano tossì, cercando di nascondere il fatto che il moccioso lo aveva sorpreso a sorridere. «Parlare rende felice qualcuno, non è vero?»

Felice? Cosa intendeva con ‘felice’? Il capitano voleva dire che era lui ad essere felice o che lo era Tian quando parlava?  

Tian abbassò lo sguardo e si occupò di piegare il foglio contro il telaio dell’aquilone senza dire un’altra parola. Avevano finito di costruire molti aquiloni colorati e l’ultima cosa da fare era mettere delle decorazioni. L’insegnante aveva lasciato che i bambini tagliassero i fogli e usassero un colore da loro scelto per decorare i loro aquiloni come volevano. Infine avvolsero la corda di canapa attorno al nucleo e su entrambe le estremità utilizzando piccoli e corti cilindri di bambù per avvolgere la corda attorno ad essi.

Tian lavorò al suo aquilone mentre aspettava che i bambini finissero di disegnare, ma aveva qualcosa di più complicato nella sua mente. Lo studente di ingegneria aveva utilizzato assi di bambù intrecciate, ma quella orizzontale sarebbe stata più lunga e più sottile dell’asse centrale. Le avvolse insieme con una corda e fece un nodo sulla punta di un’ala prima di piegarla leggermente verso il basso. Strinse la fune all’altra estremità e la legò alla punta dell’asse centrale. Fece lo stesso con entrambe le punte delle ali.  

«Quello è un aquilone a forma di stella?» Chiese il capitano Phupha, mentre si sedeva a gambe incrociate accanto al maestro.  

«Lo si capisce solo dalla cornice? Non male…» Tian rispose con qualcosa che non poteva essere definito come un complimento o una critica.  

«Sono un ragazzo cresciuto in collina. Questi erano i miei giocattoli d’infanzia, anche se non ne ho mai fatto uno da solo.» L’ufficiale prese a parlare mentre metteva le assi bambù in una cornice.  

Tian stava usando una carta arancione per avvolgere la cornice ed aveva tagliato una carta gialla a strisce che aveva incollato all’estremità esterne ,come una nappa sulle punte delle ali. Le istruzioni suggerivano che l’aggiunta di un po’ di peso avrebbe bilanciato l’aquilone a forma di stella e rendendo più facile governarlo in cielo. Tian si voltò a guardare il massiccio ufficiale che era scomparso e vide solo l’aquilone finito nel punto in cui si trovava.

Era solo un semplice aquilone bianco. Semplice e noioso proprio come l’uomo stesso.  All’improvviso gli venne in mente qualcosa. Guardò a destra e a sinistra, e quando vide che  nessuno era nelle vicinanze a fermarlo, un ghigno diabolico apparve sulle sue labbra. Tian afferrò una penna di colore rosso ed iniziò a scarabocchiare qualcosa sull’aquilone dell’altro uomo. Incominciò con una forma del viso, con occhi intensi e un ampio sorriso con lunghe zanne. Si raddrizzò e soppresse la sua risata, soddisfatto del disegno, prima di tracciare linee frastagliate attorno agli angoli della bocca e prima di finire con una semplice corona thailandese. Chiunque avesse visto il disegno sarebbe stato in grado di dire di cosa si trattava. Un demone del tempio dell’alba! Il giovane sorrise ed i suoi occhi diventarono linee sottili.  

«Bel disegno.»Una voce bassa e profonda si alzò vicino alle sue orecchie.

«Non voglio vantarmi, ma ho sempre preso una A nelle lezioni di arte… Woah!» Rispose Tian, orgoglioso di se stesso, prima di saltare e scappare via.

Il capitano era in piedi con le braccia incrociate al petto, proprio dietro di lui, con un cipiglio sul viso. Persino il demone nel disegno impallidiva al confronto. «Come osi prendere il giocattolo di qualcun altro?»

«Non hai mai sentito parlare della vena di un artista? L’arte non ha confini. Può essere su di un muro o su un aquilone.»

«Questo è stupido.» Phupha scosse la testa alla spiegazione sommessa e indicò fuori. «Vai.  I bambini stanno facendo la fila aspettandoti. Vi porto nel cortile all’aperto di Pha Pun Dao.»

«Ok.» Rispose Tian, afferrando il suo brillante aquilone a forma di stella e precipitandosi fuori. 

Il capitano che fingeva di essere contrariato e intimidatorio si chinò a raccogliere l’aquilone con l’opera di uno studente modello. Guardò le lunghe zanne demoniache e si lasciò sfuggire una lieve risata. Quel mascalzone, avrebbe dovuto prendergli a schiaffi il sedere o le sue labbra

************************* 

La sfilata dell’insegnante volontario, degli studenti e dei tre ranger fuori dalla scuola lungo un percorso di 2 chilometri li aveva condotti in uno spazio aperto sulla collina di Pha Pun Dao, che condivideva lo stesso nome con il villaggio. Il cortile era circondato da piccoli arbusti rari ed era abbastanza ventoso a causa della sua maggiore altitudine rispetto alle altre colline. 

Il ragazzo di città venne scosso dal freddo gelido sotto un sole abbagliante, a differenza dei suoi piccoli studenti, che erano gioviali perché abituati al tempo. I ranger raccolsero una foglia secca e la sollevarono per vedere la direzione del vento prima di riferire il risultato al loro ufficiale in comando.  

Phupha andò verso l’insegnante. «Corri controvento in modo che l’aquilone si sollevi.»  Quindi fece una pausa e proseguì con un tono più basso:  «Aspetta un secondo. Non hai mai fatto volare un aquilone prima.» 

«Ti ho detto che l’ho visto su YouTube. Devi solo lanciare l’aquilone e correre. È semplice.»

L’altro voleva davvero prenderlo a schiaffi. Come avrebbe potuto quel ragazzo insegnare agli altri quando lui non aveva mai avuto un’esperienza pratica? «Lo spiegherò solo a te e ai bambini.»  

Il giovane capitano disse ai bambini di fare coppia. Uno teneva un’estremità della corda e l’altro teneva l’aquilone. Una volta sentito il segnale per lanciarlo in aria, uno lo avrebbe lanciato mentre l’altro doveva iniziare a correre contro il vento. Quando l’aquilone avrebbe raggiunto la spinta necessaria, colui che reggeva la corda doveva rilasciarla lentamente per consentire all’aquilone si alzarsi in aria e tirare costantemente la corda per far andare l’aquilone contro vento. Le istruzioni erano semplici, ma la loro messa in pratica risultò un disastro. I bambini della tribù delle colline avevano finito col rotolare e cadere a terra e mentre cercavano di trascinare l’aquilone da terra ne rovinarono alcuni.  

Vedendo come andava, Tian si grattò la testa, rendendosi conto che era molto più complicato di quanto sembrasse.  

«Nessuno può avere successo al primo tentativo. Una volta che provi e commetti un errore, alla fine otterrai un successo.» Le parole di Phupha suonarono come una consolazione per l’insegnante volontario che disse ai bambini di far volare un aquilone con lui anche se non aveva esperienza. 

«Puoi solo… mandarmi su l’aquilone? Devo trovare un po’ di ritmo mentre corro.»  Lo studente di ingegneria chiese, seguendo la sua spiegazione. Porse all’ufficiale l’aquilone colorato a forma di stella e tenne in mano il tubo di bambù con la corda intorno.  Mentre si trovavano a una buona distanza, Phupha iniziò a contare.  

«Uno, due, tre. CORRI!»  

Lanciò l’aquilone verso l’alto e Tian corse via, sentendo lo strattone della fune ed udì un ordine dell’ufficiale al comando della baracca. «Rilascia la corda! Basta! Adesso corri più veloce!»  

Il ragazzo di città scattò più velocemente mentre si voltava per vedere il suo aquilone prendere il vento. Tuttavia, era troppo basso e volava in modo instabile. La stanchezza aveva iniziato ad insinuarsi in Tian, perché il suo cuore non funzionava normalmente.  Mentre il suo ritmo rallentava, l’aquilone luminoso cadde lentamente a terra.  

«Tian, tieni il braccio alto! Tira la corda e non far cadere l’aquilone. Sta andando bene.» 

L’insegnante strinse i denti e continuò a correre come gli diceva l’altro. Un braccio sottile alzato per tirare una corda di canapa in mano fino a quando l’aquilone a forma di stella brillante finalmente riflettè la luce del sole nel cielo. Anche se il sudore gli stava rotolando sulla fronte e sulla schiena così da avere la maglietta appiccicata contro la sua schiena, ciò non aveva offuscato il sorriso luminoso sul suo viso liscio.  

La risata infantile proveniente dall’uomo più giovane che sembrava simile a quella dei bambini AKha intorno a lui suscitò qualcosa che avrebbe dovuto essere sepolto nel profondo del cuore di Phupha, come una fiamma. L’ufficiale scosse violentemente la testa per schiarirsi le idee e intervenne per aiutare il ragazzo a tenere in cielo l’aquilone.  

L’uomo più grande si mise dietro al ragazzo più piccolo e prese la corda, inclinandosi leggermente all’indietro. «Hai mai giocato al tiro alla fune? Se i tuoi avversari tirano la corda al suo fianco, dobbiamo piegarci all’indietro per creare una resistenza. Ma se loro tirano più forte, devi rilasciare lentamente la presa. Se opponi una grande resistenza, la corda potrebbe lacerare l’aquilone. «  

La voce profonda e dolce nel suo orecchio fece sobbalzare il cuore di Tian… in un modo ancora più estenuante della corsa appena fatta. 

«Ora so perché i bambini non possono far volare l’aquilone.» Disse Tian per l’imbarazzo.

«Ho le gambe più lunghe e sto ansimando come un cane. Le loro gambe piccole e corte non sarebbero in grado di tenere il passo.» 

«Il tuo aquilone è più grande del loro, quindi ci vuole più energia.» Phupha indicò gli aquiloni rettangolari in una miriade di colori iniziarono a prendere il vento grazie all’aiuto dei due ranger. «Quegli aquiloni hanno una forma semplice, quindi se la caveranno. Vedi?»

Gli occhi a mandorla guardarono indietro verso l’uomo più alto che lo stava abbracciando da dietro. Quell’intimità per lui era bizzarra. «Tu … vai a far volare il tuo aquilone demoniaco ora.» Gentilmente mandò via l’altro uomo ed il più grande sembrò cogliere il suo suggerimento e lasciò le sue braccia. 

Pochi minuti dopo, l’aquilone bianco a forma di stella con disegni colorati volava alto nel cielo. Non ci volle molto sforzo e bastarono pochi passi di corsa al capitano così da rendere qualcuno invidioso.

«Mi stavi facendo correre come un cane!! Che diamine! Ci sono voluti meno di cinque metri per alzarlo!» Tian lanciò un’occhiataccia all’ufficiale e avvicinò il suo all’aquilone del suo acerrimo nemico. 

Il capitano si voltò verso di lui e disse in un tono neutro con una faccia impassibile. «È la mia mossa segreta.»  

Una tale risposta fece venir voglia a Tian di mandargli un ginocchio nel diaframma.  

«Sì, giusto. Sono solo un ragazzo di città, un adolescente. Come posso stare al passo con un uomo di campagna come te?» Quello che intendeva era attaccare l’età dell’uomo.  

«Sai quanti anni ho?»

«Se hai intenzione di dire poco più di vent’anni, allora farò molto meglio sull’erba piuttosto che sul riso.» 

«Non te lo dirò.» Phupha sorrise mentre il mascalzone alzava il mento in segno di sfida come se non volesse conoscere davvero la risposta. Si chinò per sussurrare all’orecchio del giovane. «Non sai che un uomo più anziano è come un vino invecchiato?»

Tian si voltò di scatto e gridò, con le guance rosse. «Tutto quello che so è che più invecchi, più rugoso diventi!»

Tian tirò via l’aquilone e lasciò l’uomo con un ronzio nelle orecchie. I bambini facevano volare gli aquiloni con gioia. Alcuni di loro avevano rovinato gli aquiloni, ma ne condividevano uno con i loro amici. Il cielo limpido e blu acceso sulla collina di Phu Pan Dao era stato punteggiato per la prima volta da tanti aquiloni luminosi e colorati mentre facevano cenno a un piccolo aeroplano che entrava e usciva dalle nuvole per giocare. 

«Uccello gigante! Aeroplano!» I bambini della tribù delle colline gridarono di gioia, usando sia parole vecchie che nuove, prima di lanciarsi a seguire il veicolo nel cielo. 

«Non andate troppo lontano!» L’insegnante gridò loro perché non aveva più energia per inseguirli. 

Tian alzò la mano per schermare la luce del sole contro i suoi occhi e vide un aeroplano che volava sopra lo stormo di piccoli aquiloni nonostante le loro diverse altitudini, li separavano un migliaio di piedi, quello era uno spettacolo indimenticabile che sarebbe rimasto impresso nella sua mente. 

«Quello è un aereo militare?» Chiese Tian a Phupha. Era sorpreso che non avesse l’aspetto di un caccia e che volasse anche lentamente.

L’ufficiale sorrise dolcemente, con un caldo luccichio negli occhi. «Non proprio. Ma se vuoi davvero scoprirlo, lo vedrai nelle prossime ore.»  

Tian non ebbe la possibilità di fare la domanda successiva quando i bambini si accalcarono verso di lui, mentre l’uccello gigante era volato sulla scogliera ed ormai era andato via. 

Era tardo pomeriggio quando rientrarono a scuola e Tian diede ai suoi studenti dei compiti di inglese: memorizzare dieci parole scritte alla lavagna, dicendo loro che il giorno dopo ci sarebbe stato un test; poi li lasciò andare a casa.

Tian raccolse tutto il materiale rimanente in una borsa, nel caso ne avesse bisogno di nuovo in futuro e si voltò ad ammirare gli aquiloni che i bambini avevano costruito. Anche se alcuni di loro erano rotti, ce n’erano anche altri intatti. Si guardò intorno nella semplice e incolore aula improvvisata fatta di bambù intrecciati e decise di sedersi a gambe incrociate sul pavimento per iniziare silenziosamente a tagliare la carta per riparare gli aquiloni rotti. 

La luce dorata del sole iniziò a diminuire. Il capitano Phupha che era andato via per parlare con Khama Bieng Lae nel villaggio, tornò a scuola per controllare l’uomo più giovane dato che ancora non era tornato a casa. Vide il movimento di un’ombra all’interno della classe e quasi stava per gridare. Tuttavia, ciò a cui assistette lo lasciò senza parole. Il giovane petulante si era arrampicato sulla scrivania per legare la corda di canapa alla trave di bambù in alto. Tutti gli aquiloni che i bambini avevano costruito insieme agli uccelli e agli aeroplani erano appesi al soffitto e ai telai delle finestre, ed sospinti dal vento, ondeggiavano dal soffio come se avessero vita. 

Phupha si avvicinò, dicendo: «Anche questa viene chiamata ‘arte’?»  

L’uomo più giovane, a cui era stata rivolta la domanda, si voltò ed alzò un sopracciglio sorpreso nel vedere l’ufficiale a quell’ora, ma la sua espressione tornò immediatamente neutrale. Tian saltò giù dalla scrivania e indietreggiò per guardare il suo lavoro attraverso il grande aperto telaio della finestra. 

Sul suo bel viso apparve un sorriso. 

E’ una tale felicità malinconica… 

«Questo è quello che io chiamo ricordo.»

Quella sola parola ricordò a Phupha una verità ineludibile. Il capitano si costrinse a dire qualcosa nonostante tutto il torpore che sentiva nel petto.  

«Ti mostrerò un altro bel ricordo.»  

L’uomo più grosso si voltò e uscì senza voltarsi. Tian gli corse dietro, perplesso. L’ombra di due uomini in piedi l’uno accanto all’altro apparve su una scogliera non lontano dalla scuola.

Il forte vento portava alle loro narici l’odore di una terra bagnata, costringendo Tian a strofinarsi la punta del naso per impedirsi di starnutire un paio di volte.  

«Guarda laggiù.» Phupha indicò attraverso le colline, verso un punto più lontano, ma non troppo lontano da non riuscire a vedere.  

Quando ci si trovava su un terreno posto più in alto, era facile osservare tutto l’ambiente circostante. Il cielo iniziò a scurirsi, ma una macchia appariva più scura e tetra delle altre.  Guardando più da vicino, Tian vide un muro d’acqua che racchiudeva l’area creando uno spettacolo spaventoso e allo stesso tempo bellissimo di una meraviglia naturale che non aveva mai visto prima.  

«Stai dicendo che piove proprio in quel punto?»  

L’ufficiale scosse leggermente la testa. «Ricordi la tua domanda sull’aereo di questo pomeriggio?»

«Ha qualcosa a che fare con la pioggia laggiù?»

«Quello era un aereo per realizzare Royal Rain. In inverno, la parte settentrionale sperimenta sempre la siccità a causa del grave disboscamento. Sua Maestà il Re Bhumibol aveva ideato questo progetto per aiutare le persone e dare irrigazione alle piantagioni e anche per creare prevenzione degli incendi.» Spiegò Phupha, senza guardare l’altro uomo. 

«Volevo dirti che anche se non piove dappertutto, la sua gentilezza nei nostri confronti non va mai dimenticata. Se un giorno dovrai lasciare questo posto, voglio che tu conservi sempre dei bei ricordi con te.»

Tian non aveva sentito nemmeno una parola pronunciata dall’altro uomo perché era totalmente concentrato sul bel viso che guardava lo spazio aperto. Gli occhi del capitano brillavano di quella determinazione a proteggere la sua madrepatria fino al suo ultimo respiro e ciò fece volare la mente di Tian alla foto che Thorfun aveva nel suo diario. 

La prima cosa che lo aveva impressionato e che lo aveva spinto ad andare lì… era in piedi là su quella collina.  

L’uomo di una città lontana inspirò profondamente come se fosse finalmente giunto a una decisione. In quel momento non gli importava più di quale etichetta venisse affibbiata al suo rapporto. Anche se non poteva essergli così vicino, desiderava solo di non essergli troppo lontano. 

In modo che ogni momento passato insieme da quel momento in poi diventasse per lui un caro ricordo. 

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