LAST TWILIGHT – CAPITOLO 5

Mercato Chatuchak

«Voglio che tu lo legga, è davvero bello. Non voglio assolutamente rovinarti il finale. Non ti dirò nulla su questo libro, voglio che lo legga tu stesso.» disse Aon la settimana successiva quando si fermò a fargli visita a casa sua. 

Aon si fermava da lui sempre con libri interessanti. Erano storie particolarmente divertenti, non troppo lunghe, di quelle che ti danno spunti di riflessione sulla vita così come la si affronta nella realtà. Ma il libro che stava raccomandando era uno vecchio e raro. Scritto da uno straniero che aveva visitato per poco tempo la Thailandia, era stato tradotto in tailandese una sola volta e poi era scomparso dal mercato. Aon lo aveva preso in prestito da qualcun altro, che gli aveva raccomandato di non perderlo.

«Last Twilight.»

Day stava ancora mormorando il titolo del libro mentre Aon se ne andava. Il giovane era molto curioso riguardo al contenuto del libro e di cosa trattasse esattamente, ma non importava quanto avesse cercato di curiosare per saperne di più, Aon si era rifiutato di dirlo. Diceva semplicemente che doveva leggerlo lui stesso, e alla fine non gli aveva lasciato alcun libro.

«È davvero difficile da trovare.» Si udì la voce di Mhok, che vedendo Day seduto in silenzio aveva deciso di aiutarlo.

Ascoltando quelle parole Day capì che il suo assistente aveva provato a cercare su internet in qualche libreria online per vedere se fosse disponibile.Tuttavia, sembrava essere esaurito in tutti i negozi, e anche in vari shop e app di seconda mano, era tutto terminato.

«P’Aon prima mi ha incuriosito e poi n’è andato lasciandomi così. Prova a cercare spoiler su Internet. Se P’Aon non mi racconta la storia, lo farà qualcun altro. Se non la trovo, non riuscirò a dormire bene.» si lamentò Day.

«In realtà c’è ancora un posto. Non importa quanto sia raro il libro, potresti trovarlo lì. Tutto dipende dalla tua volontà.» disse Mhok. Day poteva sentire che l’altra parte stava ridendo appena.

«Dove?»

«Libreria di seconda mano di Chatuchak.» disse infine Mhok. «Per un po’ ho lavorato vendendo vestiti lì. Il venditore si vantava di avere tutti i libri più vecchi e rari. Anche se non lo troviamo da nessun’altra parte, lo potremmo trovare lì. Penso che dovrebbe avere questo libro.»

Non aveva avuto neanche il tempo di decidere che l’altra persona prese il telefono e chiamò immediatamente il proprietario del negozio. Rimase lì e aspettò con il fiato sospeso. Il suono dall’altra parte della linea era impercettibile. Day non poteva far altro che aspettare che il suo assistente riattaccasse il telefono e gli raccontasse tutto.

«Ha detto che ce l’ha, ma non sa dove si trova nel suo negozio. Se vogliamo, possiamo andare a cercarlo da soli.» spiegò Mhok dopo aver riattaccato il telefono. «Posso andare a cercarlo la prossima volta che ho un giorno libero.» continuò l’assistente.

«No, andiamo oggi. Verrò con te.» disse Day con determinazione.

«Oh, davvero?» chiese Mhok, ma non discusse.

«Non riuscirò a dormire se non lo leggo. Il libro deve avere a che fare con la cecità.» affermò con decisione il giovane.

«Posso andare da solo. Non hai paura che tua madre ti sgridi se te ne vai così?» ribatté Mhok.

«Basta non dirlo alla mamma, andrà bene. Dobbiamo andare e tornare velocemente. Se ti lascio andare da solo e compri il libro sbagliato, cosa farò? Quanti libri legge all’anno uno come te?» disse Day con rabbia e impazienza, perchè invece di andare via subito l’altro continuava a fare domande.

Doveva andarsene e sbrigarsi. Passò la mano lungo il muro, non volendo aspettare oltre. Se avesse impiegato troppo tempo, avrebbe chiamato lui stesso un taxi per aspettare davanti casa. Non aveva ancora varcato la soglia della porta quando una mano familiare gli prese la sua, gliela posò sul braccio e gli fece strada.

Il lieve odore delle sigarette lo accolse. Poiché poteva vedere meno, usava maggiormente gli altri sensi e i ricordi che gli davano quelle sensazioni. 

Mhok accompagnò Day all’auto che aveva chiamato dall’app. Durante il tragitto, il più giovane si sentiva disorientato e a disagio, quindi prese le sue cuffie e ascoltò la musica dal cellulare. Ciò fece calmare un po’ la sensazione di caos. Mhok si sedette insieme a lui sul sedile posteriore. Il più grande cominciò a descrivere dove si trovavano, com’erano i dintorni, com’era l’ingorgo. Anche se Day non lo aveva chiesto, la cosa non gli dava fastidio. Nessun altro assistente lo aveva fatto prima d’ora.

«Siamo arrivati.» affermò Mhok, e fece scendere Day dall’auto. 

Il caldo insopportabile lo colpì… Innanzitutto Day non andava a Chatuchak da così tanto tempo che riusciva a malapena a ricordarlo. Da quando i suoi occhi si erano ammalati, non era mai andato da nessuna parte se non in ospedale. Anche il consulente dell’università lo aveva spinto a chiedere una pausa dagli studi universitari e lui stesso aveva dato a Night l’autorità di occuparsene per suo conto, mentre a tutti gli altri intorno a lui veniva detto che era andato all’estero. Per quanto riguardava i suoi social, aveva smesso di usarli definitivamente.

«Ci sono molte persone che mi guardano?» chiese, pensando agli sguardi che dovevano aver ricevuto dalle persone davanti a loro, dal momento che Day teneva il braccio di Mhok per tutto il tempo. Qualcosa che non era diverso dall’essere cieco.

«Qualcuno sì, ma la maggior parte sorride timidamente.» disse tranquillamente Mhok.

«Timidamente… Cosa li rende timidi?» Day era confuso.

«Probabilmente pensano che siamo fidanzati e che abbiamo appena iniziato a frequentarci, per questo sei aggrappato al mio braccio e hai paura di lasciarmi andare.»

Il suono della risata di Mhok era così forte che Day lo guardò sbalordito. Si voltò a guardarsi intorno chiedendosi davvero se ci fossero delle persone che li guardavano, proprio come aveva detto Mhok. Infastidito, perché l’altra parte continuava a deriderlo senza sosta, la sua mano destra si strinse in un pugno prima di colpire l’altra persona all’addome, non leggermente, ma nemmeno con troppa forza. Ciò cambiò la voce della persona di fronte a lui che, da una sonora risata, fu immediatamente sostituito da un lamento.

«Hai la mano pesante, sei un pugile?» Mhok si lamentò. 

«Sono un giocatore di badminton, ma il mio pugno può essere forte quanto quello di un pugile. Vuoi riprovare?» scherzò Day, facendo un gesto minaccioso. Mhok continuò a camminare senza dire nulla, sembrava che lo stesse portando deliberatamente verso un piccolo vicolo dove c’erano meno persone e camminare era un po’ più facile. Day riuscì a respirare un po’ più facilmente quando sentì di non essere più sotto lo sguardo di tutti.

«Che cos’è?» Il giovane, che aveva seguito Mhok, si fermò improvvisamente e indicò una bancarella che esponeva vari prodotti. Anche Mhok si fermò e si voltò: «Cosa c’è che non va in una bancarella di abbigliamento?» L’altra persona sembrava non capire.

«Cosa sono quelle cose verdi e arancioni?» chiese Day.

«Maglie… Sono delle semplici magliette. Solo il colore è molto acceso, come quelle dei soccorritori.» rispose Mok ridendo. Day annuì indicando che aveva capito prima di uscire dal negozio, poi proseguirono lungo il vicolo e presto raggiunsero la libreria di seconda mano che era la loro destinazione.

Il proprietario aveva detto che potevano cercare in giro perché da qualche parte nel negozio c’era il suddetto libro. Day si guardò intorno e si sentì scoraggiato. Il negozio era una vecchia libreria piena di così tanti libri da sembrare molto disordinata. Bisognava esaminarli uno per volta, in modo casuale senza sapere dove cercare. Sembrava che l’intero negozio contenesse almeno un migliaio di libri, forse anche duemila.

Il proprietario del negozio e Mhok si separarono per guardare la grande pila di libri al centro del negozio perché era quella che aveva più bisogno di essere esaminata. All’inizio entrambi dissero a Day di sedersi e aspettare, ma alla fine non riuscì a resistere così avvicinò il viso allo scaffale e scrutò i nomi sul dorso di ogni libro. Forse avrebbero avuto fortuna con un miracolo. Day li guardò lentamente, senza fretta, cogliendo l’occasione per vedere se riusciva a trovare qualche altro libro che volesse leggere. Dai dolci romanzi d’amore di Nicholas ai libri sul realismo magico di Haruki Murakami fino alle storie di vita quotidiana di Hesse.

«Vieni qui… Presto!» Day gridò eccitato a Mhok, che si avvicinò rapidamente chiedendo con voce tremante se avesse trovato il libro di cui gli aveva parlato Aon. Day aveva preso un libro che sembrava vagamente simile, quindi Mhok lo prese per guardarlo prima di aprire le immagini su Internet e confrontarle di nuovo per essere sicuro.

«Sì, questo è il libro!»

«Sì… L’ho trovato, Phi. L’abbiamo trovato, Phi!»

Day afferrò la mano di Mhok e la strinse felicemente, gridando per l’eccitazione. Anche Mhok ne era felice. Ma dopo pochi secondi, Day tornò in sé e lasciò rapidamente andare la mano dell’assistente, poi nascose il suo imbarazzo riprendendo in mano il libro per guardarlo.

«Come mi hai chiamato poco fa?» chiese Mhok, ma Day continuava a non capire. «Quando mi hai fatto venire da te, come mi hai chiamato?» chiese di nuovo, ma questa volta il più giovane capì.

«Ti ho chiamato ‘Phi’. Sei più grande di me, quindi devo chiamarti così. Anche quando mi hai portato in moto fino all’ingresso di casa mia ti ho chiamato ‘Phi’. Cosa c’è di sbagliato? O dovrei chiamarti zio Mhok?» Day provò a giustificarsi.

«Va bene, non ho detto nulla, ho solo chiesto.»

Mhok rise un po’ prima di prendere il libro, pagare il proprietario del negozio e uscire con Day dalla libreria. Il ragazzo più grande suggerì di mangiare qualcosa nei dintorni per riempirsi lo stomaco, ma Day era ancora titubante perché non voleva mangiare fuori casa. Se si fosse rovesciato qualcosa addosso si sarebbe sentito in imbarazzo. La fame che, però, cominciava ad aumentare gli fece cambiare idea e chiese invece una spremuta d’arancia. Mhok aveva poi detto che lo avrebbe portato a mangiare un pasto delizioso che amava mangiare regolarmente. 

I due camminarono di nuovo per i vicoli del mercato e, man mano che trascorrevano più tempo insieme, Day si abituò sempre di più ad avere Mhok come bussola. 

Prima ancora di rendersene conto, quella era la prima uscita che si avvicina di più all’essere un viaggio… Così Day strinse il libro nella mano con più eccitazione nel cuore. Uscire non era così spaventoso come pensava, ma non aveva ancora finito di pensarci quando si sentì un po’ di trambusto non lontano da lui e sembrava che diventasse sempre più forte.

«Una coppia sta litigando.» sussurrò Mhok. Day ascoltò attentamente e gli bastò sentire il forte grido di una voce femminile, che costringeva l’altra persona a fare una scelta su con chi voleva stare, per capire. Se avesse dovuto indovinare quello che stava accadendo, probabilmente l’uomo aveva una doppia relazione. Le voci delle persone intorno a loro diventavano sempre più intense. La discussione della coppia sembrava diventata una sorta di divertimento per tutti. Mhok si avvicinò e sussurrò che di lì a poco avrebbero raggiunto il negozio di succhi d’arancia.

«Oh, dannazione è Keng!»

Prima che la coppia potesse finire di parlare, Mhok si precipitò improvvisamente in avanti e urlò. Quel suono acuto era terrificante. Day ricordò che Phorjai una volta gli aveva detto che quando stava con Mhok prima, il ragazzo era un piantagrane, il che doveva essere vero.

«Chi è questa donna? Non è Phorjai la tua ragazza? Cosa significa?» Era come se la rabbia gli avesse fatto dimenticare tutto. Mhok si fece avanti e affrontò l’uomo di nome Keng con una faccia arrabbiata.

Day cominciò a capire cosa stava succedendo. Gli tornarono in mente le parole di Phorjai sull’uomo che intendeva sposare… È questa persona? 

Il cuore di Day divenne improvvisamente freddo e cominciò a simpatizzare con le due donne. Aveva il cuore spezzato. Si sentiva il rumore di schianti, di colpi e del cibo che cadeva. Era scoppiata una rissa tra Mhok e Keng. Alcune persone volevano avvicinarsi per vedere cosa stava succedendo, mentre altre volevano stare lontane dalla scena. Tutto era diventato molto caotico.

La situazione intorno a lui era completamente confusa.

Day provò a chiamare Mhok, ma sembrava tutto inutile. Fu inconsciamente spinto sempre più lontano dalla confusione, sentendosi un po’ perso. Guardò a destra e a sinistra, ma non riusciva a vedere chiaramente nulla e i suoi occhi erano nel caos. Aveva provato a chiedere o chiamare aiuto, sperando che qualcuno rispondesse, ma nessuno poteva sentirlo. La folla lo spingeva sempre più lontano. La voce di Mhok, il suo unico sostegno, diventò sempre più fioca e alla fine scomparve del tutto. Day si sentì disperato e cercò di prendere il telefono…

Ma il giovane aveva lasciato la borsa a Mhok. Ora si era perso… Il mondo era completamente buio.

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