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IF I’M WITH YOU, NO MATTER HOW COLD THE NIGHT

«Keisuke. Finiamola qui…»

Essere lasciati in pieno inverno è terribile. Natale, Capodanno, San Valentino, l’intera stagione fredda diventa insopportabile quando sei solo. Beh, anche essere lasciati d’estate fa male, ma quando fa freddo, senti la mancanza del calore della pelle di qualcuno ed è semplicemente orribile.

Anche se, per essere onesti, se era lui a proporre la rottura, non potevo farci nulla. Avevo capito di essere gay alle scuole medie, ma quel ragazzo, d’altra parte, era etero.

Se fosse tornato a casa per il Capodanno, i suoi genitori lo avrebbero probabilmente assillato riguardo al matrimonio. Non avrebbe potuto dir loro di stare frequentando un uomo. Sarebbe stato probabilmente un figlio migliore se avesse potuto sposare una ragazza carina e costruire una famiglia normale, piuttosto che continuare a stare con me. Ed era un tipo gentile, ero sicuro che non voleva rendere tristi i suoi genitori.

«Capisco. Grazie per tutto. Addio, Ryouhei.»

Lì, nel bel mezzo di tutta quella splendida, e ora inutile, illuminazione, feci un sorriso e gli voltai le spalle.

Non avrei permesso a me stesso di diventare un piagnucolone e di aggrapparmi a lui.

Aspetta, aspetta solo un minuto. Ryouhei non mi piace nemmeno abbastanza da aggrapparmi a lui!

Avevo cercato di evitare di farmelo piacere così tanto…

I miei fidanzati mi lasciavano sempre, dopotutto.

Sapevo che mi sarei fatto male, quindi avevo avuto solo relazioni superficiali per anni.

Mi piaceva Ryouhei, era vero. Non c’era dubbio.

Ma avevo tracciato una linea da qualche parte e avevo cercato di non superarla.

Questo posto era pieno di coppie e completamente intriso di luci eccessivamente carine.

Dovevo davvero star qui in un posto del genere, a piangere? Circondato da tutti questi bastardi felici, con le lacrime che mi scorrevano sulle guance?

Non piangere, idiota. Continua a camminare dritto!

Dovevo andare a prendere il pollo che avevamo ordinato, e poi dovevo mangiare l’intera torta che c’era in frigo da solo. Se avessi saputo che sarebbe stato così, non avrei neanche sfornato quella dannata torta.

Voglio dire, a Ryouhei piacevano le cose dolci e, accidenti, avevo persino dei piani per imboccare quel bastardo con un cucchiaio.

Ryouhei era popolare tra le donne. Camminavamo insieme e qualche ragazza lo salutava, o veniva fermato da qualcuno che voleva fargli una foto per la rubrica “Belli per la strada” di qualche rivista femminile o qualcosa del genere. Lui rifiutava sempre, ma comunque…

Significava solo che non doveva sforzarsi di continuare a frequentarmi, che avrebbe dovuto divertirsi con le ragazze.

… Che cavolo, assolutamente non sto piangendo!

Me ne andai via, il più furioso possibile, ma qualcuno mi rivolse la parola.

«Fammi un favore, Keisuke.»

Era una voce profonda che non avevo mai sentito prima, con un tono deciso. Cosa? Aspetta, io?

Guardai intorno per riflesso, ma non vidi un solo volto che riconoscessi.

Qualcuno mi sbatté inavvertitamente da dietro, mi girai per vedere chi fosse.

«Che cosa era quel, ‘grazie per tutto’, dai su.»

Il suo viso gentile macchiato di scuro, Ryouhei afferrò violentemente il mio braccio.

Silenziosamente mi trascinò su un treno e ci portò entrambi a casa mia senza dire una parola.

Aprì la porta con la chiave di riserva che gli avevo dato e mi trascinò dentro, poi mi spinse sul letto. E poi tirò fuori dal frigo la torta che ci aspettava a casa, ci passò il dito e mi infilò un boccone in bocca.

«Ti aspettavi il Natale con me così tanto da fare una torta intera, fatta a mano.» mormorò. Masticai con tutte le mie forze e cercai di dire qualcosa, ma lui si piegò su di me, interrompendomi.

«Ti piaccio così tanto da non potercela fare, ma non mi hai mai detto che ti piaccio. Anche quando ho detto che volevo lasciarti, non sei riuscito nemmeno a dirmi che non volevi.»

Perché pensavo che non ci fosse niente che potessi fare al riguardo, perché mi piaci. Più mi piaci, meno mi sembra di poter dire qualcosa.

Nel bel mezzo di conversazioni casuali, o quando aveva bevuto un po’ ed era un po’ alticcio, o quando facevamo sesso e si sentiva particolarmente bene, Ryouhei mi diceva sempre che gli piacevo.

Anche a me era sempre piaciuto. Ryouhei mi piaceva così tanto da non potercela fare, ma avevo paura di dirglielo.

Più mi piaceva, più finivo per pensare a come mi avrebbe lasciato un giorno.

E così mi mordevo sempre le labbra e soffocavo ogni sentimento che stava per decollare.

Ma ero sicuro che erano usciti in qualche modo, non c’era modo che fossi riuscito a tenerli nascosti.

«Hai sempre quella faccia, guardandomi con quegli occhi, e ancora…»

Ryouhei pulì con un dito un po’ di crema rimasta all’angolo della mia bocca e poi si toccò le labbra, leccandolo con un suono umido. Io afferrai la mano di Ryouhei, leccando personalmente ogni residuo di crema ancora presente.

«Keisuke.»

Ryouhei appoggiò i gomiti ai lati del mio viso e si avvicinò. Il mio viso, riflesso nei suoi occhi, indossava un’espressione dolce, del tipo che non avevo mai visto prima.

«Dillo… Io lo so già, ma a volte voglio solo sentirlo.»

Mi guardò direttamente negli occhi, con espressione sincera. Se non avessi potuto dirlo ora, avrei potuto perdere qualcosa di molto importante per me.

«Io, ehm…»

Ma le mie parole si interruppero lì. Non importava quanto ci provassi, non riuscivo a continuare.

Ryouhei sospirò e si alzò da sopra di me.

La mia gola si scaldò. Sentii un singhiozzo salire in gola e dovetti aspettare che passasse prima di sedermi, seguendo Ryouhei con gli occhi.

Le spalle di Ryouhei erano basse, ma lui sorrise rassegnato e mi accarezzò dolcemente i capelli.

«Va bene, andiamo a prendere quel pollo che abbiamo ordinato.»

Fuori faceva freddo, e il mio respiro usciva in sbuffi bianchi. Ecco perché stavo nascondendo il viso nella mia sciarpa.

Ryouhei era gentile, io ero inutile. Onestamente, eccessivamente inutile. Iniziai a piangere.

La borsa con dentro il pollo non era nemmeno remotamente pesante, ma ognuno di noi ne teneva un manico e tornammo a casa di corsa.

Forse sarebbe davvero meglio se ci lasciassimo. Meglio per Ryouhei, almeno. Dovrebbe uscire con qualcuno che potrebbe renderlo più felice di quanto possa fare io.

Il paesaggio trasudava delle mie lacrime. Le luci delle auto erano sempre così abbaglianti?

«Ehi, Keisuke. Ti piace il pollo?»

Inclinai la testa alla domanda che Ryouhei mi aveva fatto.

«Sì, mi piace. Lo mangio sempre a Natale, fin da quando ero bambino.»

«Mm, ti piace il vino?»

«Bah, non ne vado matto. Probabilmente perché bevo solo roba economica.»

«E la torta?»

«Sì, suppongo di sì. Mi piacciono di più quelle con la frutta che quelle con la crema.»

Ryouhei camminava proprio accanto a me, ma si fermò, lampeggiando un sorriso birichino.

«Allora, ti piaccio?»

Anch’io mi fermai, colto di sorpresa.

Il mio corpo intero si scaldò. Tirai su la sciarpa per nascondere le orecchie e le guance arrossate.

Dove esattamente era tracciata questa linea che avevo disegnato? Ryouhei mi aveva dato molte opportunità di oltrepassarla. Sicuramente mi avrebbe dato altre occasioni anche dopo questo.

«Sì…»

La mia voce era un po’ rauca, al punto che anche io pensai che fosse patetica.

Ryouhei lampeggiò un piccolo sorriso, poi rubò la busta con il pollo, mi abbracciò intorno alla vita e mi trascinò di nuovo a casa mia. Avevo l’impressione di aver fatto un piccolo passo avanti… suppongo.

Immaginavo che avremmo mangiato il pollo, bevuto il vino, ci avremmo imboccato la torta a vicenda e avremmo passato l’intero Natale a flirtare.

«Ti piaccio, vero?»

«Ah, accidenti, dai, smettila.»

«Se non dici che ti piaccio, non ti faccio entrare.»

Ryouhei mi trascinò avanti e indietro, più vicino all’ingresso e poi di nuovo indietro. Il calore che si era accumulato dentro di me aumentava gradualmente, ma senza un modo per liberarlo, potevo solo contorcermi nell’agonia.

Saliva e saliva, e faceva così male che grosse lacrime iniziarono a scorrere lungo le guance, ma semplicemente non riuscivo ad arrivare a quella vetta finale. Finirei per bloccarmi da sola nel raggiungerla.

«Io…»

«Tu…?»

«Io… Susuki, suki, dosutoefusukii, chaikofusukii!* Va bene?!»

*(N/T: susuki, sukii = sciare; dosutoefusukii = Dostoevsky; chaikofusukii = Tchaikovsky. In Giapponese, per dire “mi piaci” usano la parola “suki”.) 

«Cosa? Io… aspetta un…»

Ryouhei rimase sbalordito, e approfittai del momento per tirarlo giù, mettendomi sopra di lui e bloccandolo. La mia fame e la mia rabbia erano entrambe in aumento.

«Non c’è niente da fare, eh.» Sospirò e stese una mano, asciugando i miei occhi. «Immagino che dovrò restare qui finché non riuscirai a dirmi che mi ami correttamente.»

«E se… E se non riesco a dirlo per tutta la vita?»

«Beh, immagino che dovrò restare qui per tutta la tua vita.»

Che cavolo, per tutta la mia vita, dice? Che diavolo è? Devo esserne infelice?

«Non lo dirò, non fino alla morte.»

«Cercherò di fartelo dire.»

Sorrideva, e con me ancora sopra di lui, si alzò un po’ e mi baciò.

«Dopotutto, Keisuke, mi ami davvero, vero?»

«Accidenti! Idiota.»

I piccoli baci superficiali che ci scambiavamo si approfondirono prima che ce ne accorgessimo, e entrambi cominciammo a scaldarci.

Se noi due avessimo potuto stare insieme, desiderando la pelle l’uno dell’altro, per sempre da adesso in poi, non importava quanto fosse freddo l’inverno, non avrei mai cercato di tornare indietro su quella linea che avevo tracciato.

Se sono con te, non importa quanto sia fredda la notte, posso sentire il calore.

Mi dispiace, un giorno sarò assolutamente in grado di dirti che mi piaci, quindi mi aspetterai, solo un po’ più a lungo?

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