ECLIPSE – APERTURA EPISODIO 4

«…Quindi pensi che la maledizione sia solo finzione? Ma a cosa serve avere un mistero? Per la sua antichità? O per quanto sia grande? Queste cose non hanno aiutato a far diventare la Suphalo una scuola eccezionale.»

«Ma ha fatto sì che le persone credano che aiuti gli studenti a comportarsi da ‘bravi ragazzi’, a non ribellarsi, concentrandosi sullo studio e aiutando la nazione.»

«Questo ha  portato la Suphalo ad avere il titolo per l’apprendimento e la regolamentazione per le buone maniere alla fine.»

«Probabilmente la professoressa non se l’è chiesto. Non è una buona cosa.»

Onestamente parlando, sentendo tali parole, neanche l’insegnante aveva potuto continuare a rispondere, era rimasta in silenzio. 

Non era stato il primo colpo e la professoressa Sani sapeva che non sarebbe stato neanche l’ultimo causato dalla conversazione con quel gruppo di alunni di terza.

Ad essere onesti, trovarsi in quella situazione le faceva tremare il cuore.

Anche se era un’insegnante, doveva ammettere di essere solo una donna di ventisei anni. Anche se il numero non sembrava piccolo, nella cerchia dei colleghi della stessa età, Sani era comunque molto giovane, anche se il suo stile non era affatto femminile. 

La donna era solita pensare che insegnare in una scuola maschile sarebbe stato più facile per una donna dura simile a lei. Se un giorno avesse sentito la mancanza del ‘gusto dolce’, avrebbe comunque avuto vicino quel gruppo di studenti ‘trans’ che erano divertenti e che avrebbero potuto non essere nemmeno schizzinose come le vere donne. 

La prima difficoltà che aveva incontrato appena arrivata era che la Suphalo rispettava ancora alle vecchie regole e mentre iniziava ad adattarsi alle vecchie correnti, il mondo cambiava. 

Le regole la facevano sentire così: ‘Se non puoi fare nulla per cambiare la situazione, allora puoi solamente continuare in questo modo’. Tutto era facile da mettere in discussione perché il potere nelle sue mani era già stato catturato dagli occhi dei vecchi insegnanti. Nessuno voleva far parte dell’ufficio amministrativo. Non era una stanza in cui venivano rimproverati solo gli studenti, ma anche gli stessi insegnanti. Se avessero usato semplicemente delle parole sbagliate o fatto mosse sbagliate, anche loro dovevano essere richiamati! 

Ecco perché una nuova insegnante come lei era stata lanciata in quella stanza per ricevere il taro* caldo, sorridendole per accettare la richiesta: «Signorina Sani, lei è una giovane insegnante, quindi capirà e gestirà meglio i problemi della nuova generazione.»

(N/T*: Il Taro è un tubero tropicale molto simile alla patata, ma più piccolo e la polpa è di colore bianco con sfumature violacee. In questo caso sta a proprio ad indicare quello che noi diciamo come: “Patata bollente”.)

Anche se in realtà quello che voleva dirle era: ‘Sono ancora un uomo all’antica. Anche i miei capelli neri sono tutti tinti, in verità sono grigi!’

Poi, chi avrebbe mai pensato che il “divertimento” che si aspettava si rivelasse, al contrario, un ago più affilato di qualsiasi altra cosa?

«La scuola pensa solo al ‘perché perdere tempo a concentrarsi su cose che sono così lontane?’. Questo è un buon ambiente e, come studenti, dovreste concentrarvi sullo studio.»

«I nostri voti non sono buoni?»

«Inoltre, facendo così e sentendo solo che è ‘una cosa lontana’, lasciamo che gli altri subiscano ingiustizie…» 

«Anche se si tratta del nostro rivale!..» 

Molte volte, Sani non poteva fare a meno di pensare: se fosse stata l’insegnante precedente, quello che aveva sostituito, cosa avrebbe fatto?

No, la donna non immaginava quel giovanotto alto, magro, quasi bianco e dal viso dolcissimo, come ne parlavano spesso gli altri.

«Il professore Dika era molto popolare, di bell’aspetto, calmo e comprensibile. Sia ai ragazzi che alle ragazze transgender piaceva avvicinarsi a lui. Durante il suo periodo di carica, ci sono stati anche molti casi gravi, ma è riuscito a risolverli perfettamente. Prestava attenzione a ogni caso, è un peccato che abbia scelto di tradire la nostra scuola. Ha dato le dimissioni per entrare nella Phrarot High School…»

Poiché era andato in una scuola rivale due semestri prima, alla fine la buona immagine del professore Dika fu spesso dimenticata. 

Sebbene la rivalità tra la Suphalo e la Phrarot era diminuita di molto, ‘lui’ non avrebbe mai fatto parte di ‘noi’. Questo era uno dei motivi per cui gli studenti erano contrari a unirsi alle proteste con ‘lui’.

(N/T*: ‘Lui’ è inteso Dika mente ‘noi’ è inteso come scuola/studenti.) 

Se un giorno qualche collega gli avesse detto che era stato il professor Dika a convincere i ragazzi a unirsi a lui, lei non ne sarebbe stata affatto sorpresa.

«Professoressa.» chiamò una voce dalla porta d’ingresso della stanza, attirando i suoi occhi.

Chamnan, una delle persone di cui era preoccupata.

Anche se nel suo cuore si sentiva come se stesse per ingurgitare una pillola amara, l’insegnante sorrise comunque e stava per salutare.

Il saluto fu interrotto dal suono di un’altra persona alla scrivania accanto alla sua. Quella stanza non era molto larga. «Conosci le buone maniere? Non sai che bisogna bussare alla porta?»

La persona richiamata annuì comunque con la testa: «Mi dispiace, Maestro Chadok.»

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