ECLIPSE – EP. 4 CAPITOLO 1

Coma

L’uomo non era alto, ma non era nemmeno basso, non era magro, ma non era grassoccio, considerata la caratteristica fisica standard della maggior parte degli uomini thailandesi di 43 anni. Per molto tempo aveva fatto qualcosa che non gli piaceva, il suo viso sembrava sempre stressato. Poiché il piccolo tavolo dell’ufficio era stato spostato, il suo viso sembrava più sconvolto di prima. Anche se aveva curato attentamente ogni parte del viso e i vestiti per non farsi notare, era facile capirlo anche solo standogli accanto. Emanava un’aura che rendeva difficile ogni movimento.

Quella era l’origine del suo soprannome: Chadok-Bulldog.

Nessuno voleva vedere un bulldog sorridere. Perché sotto le labbra spesse c’erano dei denti affilati!

Per quel motivo alla professoressa Sani non piaceva stare nella sala riunioni. Avrebbe cercato un altro lavoro per non disturbare la persona che gli stava accanto.

Anche stando seduta ad una certa distanza, poteva sentire gli occhi feroci dell’altra persona, che dietro spessi occhiali rotondi osservava ogni suo movimento. Era un professore che teneva d’occhio la nuova professoressa.

In quel momento, il tono della sua voce era lo stesso di quando parlava con uno studente che non gli piaceva, era piuttosto serio.

«Dimmi, qual è il tuo problema?»

Forse perché quella volta si trattava di un problema personale. Chamnan non aveva portato con sé i suoi due migliori amici, come faceva sempre. Perciò, la professoressa respirò più serenamente.

«Tutti i miei compiti sono scomparsi, professoressa.» anche sapendo che nella stessa stanza c’era un altro insegnante, a cui non piaceva il comportamento sbandato degli studenti più giovani, non riuscì a controllarsi parlando con voce alta e decisa, senza neanche terminare le frasi con ‘Khrub’.*

*(N/T: khrub e kha sono due particelle che vengono aggiunte al termine delle frasi per esprimere cortesia. Spesso si trovano anche ‘sole’ per indicare un’affermazione.)

Sani cercava di ignorare il colore innaturale delle sue labbra. Era lo stesso colore che la sua migliore amica aveva comprato il giorno precedente per un servizio fotografico su Facebook.

«Scomparsi, com’è possibile? È di dieci pagine, giusto?»

Solitamente Sani insegnava solo nella scuola superiore. Ma quel semestre, l’insegnante di inglese che insegnava in terza elementare era all’estero per un viaggio d’affari. Lei e un’altra insegnante di quarta elementare erano state assegnate all’insegnamento durante la sua assenza. Ma non avevano ricevuto nessuna istruzione o materiale per quel periodo. Si possono svolgere molte attività in un’ora. I ragazzi sono molto bravi. Non c’è bisogno di spiegare tante cose.

Chamnan rispose: «Sì, professoressa. Sono confuso. Stamattina sono andato in tipografia, poi alle 10 sono tornato a ritirarlo. Deve essere stato rubato durante il pranzo.»

Erano quasi le due del pomeriggio, il ragazzo probabilmente aveva sfruttato il cambio della classe per informarla prima dell’inizio della lezione successiva, alle quattro.

«Nella nostra scuola ci sono mai stati altri casi di furto di documenti degli studenti?» disse l’insegnante ad alta voce, come se parlasse al vento, ma in realtà stava chiedendo alla persona del tavolo accanto.

Ovviamente continuò a non prestarle attenzione. Solo quando ormai era sicura di non ricevere nessuna osservazione o commento da quella persona continuò: «Se fosse stato qualcosa di valore, allora sarebbe stato serio. Ma è una relazione di dieci pagine, stampate fronte e retro su fogli che non possono essere riutilizzati. Perché qualcuno dovrebbe rubarla?»

«Non sto mentendo perché non sono riuscito a rispettare la scadenza.» La voce dello studente seduto davanti alla scrivania si fece più tesa.

«Io non sto dicendo questo…»

«Non lo so.» interruppe la voce: «Nel caso in cui l’insegnante pensi che non sia riuscito a farlo perché ho perso tempo a preparare il materiale per le proteste.»

All’improvviso sentì un forte brivido lungo la schiena. Non era per la frase sarcastica, ma perché quella frase aveva provocato un colpo di tosse gelido dalla persona accanto.

In ogni caso, Sani era ancora preoccupata per lo studente che aveva di fronte. Doveva trovare un modo per affrontare la situazione. Doveva farlo in fretta. Prima che le fiamme dietro di lei divampassero.

«Allora perché non vai a stamparlo di nuovo?» la sua voce si addolcì in un tono rassicurante: «Se lo hai mandato in tipografia solo stamattina, magari il file non è ancora stato cancellato. Salvalo su una chiavetta USB per evitare di nuovo lo stesso problema.»

Invece di rispondere aprì lo zaino, tirò fuori il rapporto e glielo porse.

«Oh…»

«Non volevo venire a chiedere un rinvio. Ma voglio fare ricorso all’amministrazione.»

«Fare ricorso all’amministrazione?»

«Penso che questo sia bullismo.» disse la persona sollevando leggermente il mento con sicurezza.

Mentre l’insegnante esclamò: «Eh?»

«Sì.» Indipendentemente dal fatto che la persona di fronte a lui la pensasse allo stesso modo o no, rispose senza mezzi termini: «E non è la prima volta che vengo qui perché voglio informarmi sull’andamento del vecchio caso.»

Sani era completamente confusa. Negli ultimi giorni si erano verificati alcuni episodi di risse e bullismo. Ma il nome della persona di fronte non era in quel gruppo. Non c’era nessuna storia in sospeso.

Gli occhi scuri di Chamnan brillarono di nuovo e l’angolo della sua bocca si sollevò, come se volesse parlare. Ci avevo pensato!

Vedendo i suoi occhi impassibili, spiegò: «Il vaso che è caduto a meno di un metro dalla testa del mio amico e l’auto che ci ha quasi investito.»

Sani era sbalordita.

Quella volta dovette rivolgersi al professore Chadok.

La figura in abito elegante si era seduto meglio sulla sedia. Solo gli occhi dietro gli occhiali si erano spostati dallo schermo del computer alle persone nella stanza.

Nessuno rispose. Un colpo alla porta suonò come un campanello da boxe, seguito dal suono dell’apertura della porta. La persona entrò e disse: «Mi scusi. Questo… ehm…»

Poiché il vetro era completamente oscurato con una pellicola, era difficile per gli estranei vedere se ci fossero o meno ospiti all’interno.

Tuttavia, Chadok rispose: «Akk, entra.»

La risposta fece contrarre leggermente il volto dello studente più anziano, era un mix di dolore dovuto al fatto che l’insegnante più potente lo trascurava. Ma era anche una soddisfazione, poiché anche il capo dei prefetti avrebbe sentito.

Chamnan continuò: «Come stavo dicendo, le cose che sono successe non sono accidentali al 100%. Mi chiedo fino a che punto la scuola si sia spinta con le indagini.»

Anche Akk, che sedeva sulla sedia dall’altra parte della stanza, lo guardò con interesse.

Vedendo la loro perplessità colse l’occasione e continuò a parlare.

«Uno dei compiti della scuola non è forse quello di occuparsi della sicurezza degli studenti? Vedo che la nostra scuola è molto attenta agli studenti che infrangono le regole. Non ci si dovrebbe aspettare una stessa attenzione per gli eventi che mettono a rischio la vita degli alunni?»

«Non abbiamo ancora trovato nessuna prova che determini che ci sia qualcuno dietro questi eventi.» disse infine Sani: «Ma ora la scuola sta tenendo una riunione sulla questione. Abbiamo installato più telecamere a circuito chiuso nelle aree scolastiche.»

«Per la nostra sicurezza o per controllare il comportamento degli studenti?»

L’immediata replica la sbalordì ancora una volta.

Una nuova voce risuonò dalla persona seduta accanto a lui: «Hai prove o testimoni che il rapporto sia stato davvero rubato da qualcuno?»

*(N/T: se la situazione non vi è chiara, eccovi un piccolo rissunto: Chamnam è andato in amministrazione SOLO per DENUNCIARE l’accaduto e non per avere una scusa per i compiti non svolti. Quando tira fuori il rapporto dallo zaino, infatti, non è l’originale, bensì la fotocopia che ha già provveduto a fare per non essere in ritardo con la consegna. Tutto questo perché vuole denunciare l’accaduto senza avere ripercussioni sui suoi voti.)

Chamnan si girò per affrontare l’interrogante senza paura, rispondendo chiaramente: «No, però…»

«E il bullismo?» intervenne per primo Chadok: «Il Dipartimento Amministrativo ha invitato l’insegnante di classe a parlare, ad essere onesti non ci sarebbe da meravigliarsi che all’improvviso qualcuno abbia deciso di agire in quel modo.»

«Professore, sta dando la colpa a noi?» Chamnan alzò leggermente la punta del mento.

«Quindi è colpa dell’insegnante?»

«Non è divertente, questo è…»

«Non sto scherzando.» la voce di Chadok era tagliente: «Gli insegnanti stanno cercando di educare la loro generazione, non importa come, dobbiamo fare domande. Dobbiamo prima controllare attentamente in giro, non è così?»

Lo studente con la testa alta aveva serrato le labbra in una linea sottile, poi aveva sollevato gli angoli della bocca, come una presa in giro. I suoi occhi brillavano ancora intensamente.

«Grazie professore per aver mostrato una seria preoccupazione!»

Le ultime parole erano state volutamente pronunciate in modo forte e chiaro. Il ragazzo salutò cordialmente entrambi gli insegnanti e poi uscì velocemente. Andò verso l’uscita e aprì la porta della stanza ma si fermò immediatamente, era quasi inciampato quando aveva visto una persona in piedi davanti alla porta: «Scusate.» disse la figura mentre improvvisamente aveva spostato lo sguardo oltre la porta per entrare. La sua attenzione non era rivolta a lui ma al professore Chadok

Di solito nessuno voleva avere a che fare con il proprio capo, che si tratti di studenti, insegnanti o altri dipendenti.

Ayan, che cosa ci fai qui?

Tuttavia, mentre la porta si richiudeva lentamente in modo automatico, la persona non era ancora entrata. I suoi occhi erano attratti dalla presenza di Akk nella stanza.

«Dannazione!» disse Akk mentre la porta si chiuse completamente.

Sani si risvegliò dalla sua trance. Cercò di fare un respiro profondo per dissipare la sensazione precedente. Poi sorrise alla persona che stava aspettando: «Che c’è Akk?»

Conosceva bene il ragazzo della quarta classe, avendo insegnato già nel primo semestre. Ma poiché in precedenza era stata assegnata al dipartimento amministrativo, in particolare alla supervisione dell’assemblea dei prefetti, era quasi un membro. Akk le forniva tutte le informazioni e la aiutava sempre con i problemi degli studenti, tenendola al sicuro dal loro trambusto. Sani aveva sempre riso segretamente dei suoi tentativi di essere un gentiluomo adulto, anche se i suoi occhi mostravano la sua infantilità. 

Già, anche se alto quanto un muro!

Akk era vicino a Meth. Un ex studente che si era laureato lo scorso semestre. Era sia il presidente che il capo dei prefetti. Forse era per quel motivo che Akk aveva prestato molta attenzione per quella posizione ed era in grado di trasmettere così bene le informazioni utili.

Sani aveva imparato a comportarsi secondo la cultura unica della Suphalo. Alla fine del semestre si erano sparsi dei pettegolezzi secondo i quali era troppo vicina ad Akk. Se fosse stata una scuola normale, sarebbe stato un aneddoto divertente. Ma essendo un insegnante della Suphalo fece un passo indietro e si allontanò da lui. Faceva paura anche solo ricordare le volte in cui il professor Chadok rimproverava gli studenti, poteva essere peggio di così.

In effetti Sani non lo aveva detto a nessuno. La persona del gruppo dei prefetti con cui parlava di più non era Akk. Maledizione! Era un altro ragazzo, schietto e forse troppo sfacciato, come quando era in compagnia degli amici. Non possiamo fare bene il nostro lavoro anche se mettiamo da parte l’immagine? Possiamo lavorare anche senza preoccuparci di essa. Non poteva fare a meno di chiederselo. Dopo tutto era come la questione delle uniformi. Sani sapeva che Akk e Khanlong non la pensavano allo stesso modo. Mentre loro avevano osato dirlo a voce alta, lei non era stata in grado di farlo.

La sua famiglia non era ricca. Le mansioni lavorative erano importanti per rimanere in vita. Il padre era in pensione. Ma anche con una pensione, non era abbastanza. Alla fine dell’anno, anche la mamma sarà nella stessa condizione. Poi ci sarebbero stati anni di vuoto. Solo con il suo reddito dovevano coprire le spese di tutta la casa. Qualche mese prima aveva parlato con sua sorella che le aveva proposto di provare a fare una domanda per la borsa di studio. Non era però abbastanza, non potevano certamente nutrirsi con vento e luce del sole. I grandi problemi sono per gli adulti. I bambini non devono essere coinvolti. Era impossibile per Sani sentirsi giovane, si sentiva soffocare anche a quell’età. Poteva essere più fluttuante della sorella, ma almeno sapeva di voler fare ancora la cuoca. Era molto ambiziosa, aveva fatto il test di lingue senza sapere cosa voleva fare davvero.

Dopo essere diventata insegnante in una piccola scuola, per fortuna, era riuscita a fare domanda per la Suphalo dopo un semestre. C’erano così tante cose fuori posto, soprattutto a livello di intuizione, che era difficile individuare la principale. Era difficile mettere in discussione qualcosa di cui non aveva certezze. Alla fine, aveva deciso di seguire le regole, i costumi, le culture, etc. Gli stipendi degli insegnanti delle scuole private valgono questa pazienza. Almeno il necessario per arrivare alla fine.

C’è un altro studente tra gli amici più stretti di Akk, che fa parte dell’assemblea dei prefetti. Secondo le sue sensazioni Wasuwat era maturo, forse addirittura troppo maturo. Parlava poco ma pensava molto. Nella sua semplicità c’era difficoltà di comprensione. Tendeva ad essere difficile da trattare. Onestamente ne aveva paura, ma accettava comunque quell’atteggiamento gentile.

Per quanto ne sapeva, l’assemblea dei prefetti aveva quasi venti membri, ma quando i più grandi si erano diplomati i più piccoli avevano perso interesse. Erano rimasti solo sei membri. Akk e i suoi due amici come leader. Gli altri tre erano dei giovani che si erano fatti convincere.

Uno dei motivi del basso numero di membri dell’assemblea era dovuto allo stesso Akk. Poiché vedeva l’assemblea come il volto della scuola, il processo di selezione era piuttosto difficile. C’erano dozzine di domande, ma erano state respinte da Akk in un batter d’occhio. Voleva delle persone di bell’aspetto come loro e capaci di seguire l’ideologia della scuola.

Akk si alzò e si sedette sulla sedia che il ragazzo aveva lasciato libera: «Ho un problema per il quale vorrei chiedere un consiglio.»

«Quale?»

«Mi chiedevo…» trascinò la voce a lungo e poi spostò lo sguardo anche verso il professor Chadok, come per chiedere il parere di entrambi.

Voltandosi, scoprì che Chadok si era concentrato nuovamente sullo schermo del computer.

La professoressa gli fece cenno di continuare.

«Le regole della scuola sono fatte perché gli studenti comportino bene, giusto?»

«Certo.» disse lei quasi ridendo. Cos’è questo?

L’Akk che conosceva era un giovane di bell’aspetto, che aveva fiducia in sé stesso, severo al punto da avere l’atteggiamento da eroe di un manga, capace di dominare la generazione più giovane. In quel momento sembrava essersi tolto la divisa, sembrava solo un ragazzo confuso.

«Potrebbe sembrare un po’ sciocco. Ma ci ho pensato. Voglio davvero sapere…» chiese Akk deglutendo: «La parola ‘bene’, chi l’ha definita o da cosa deriva?»

Era una domanda così semplice. Anche gli occhi di chi la poneva non erano spavaldi come quelli del precedente interlocutore, ma stranamente Sani si sentiva come se anche lei fosse stata scossa da una mano.

Nei suoi ventisei anni, quelle due domande non le erano mai passate per la testa. Da dove veniva la parola ‘buono’ e quale scopo aveva?

Era impossibile rivolgersi al supervisore per ricevere una mano solo su quell’argomento.

Sani sorrise, mentre sentiva ancora una forte fitta al cuore: «Perché sei improvvisamente curioso? C’è qualcosa che non va.»

Il volto di Akk sembrava ancora più confuso, ma rimase fermo sulla sedia. Significa che hai ancora bisogno di una risposta.

Sperava di prendere tempo mentre cercava di formulare una risposta nella sua testa. C’è qualche informazione che ho sentito, quindi forse posso rispondere…

«Ancora una volta, cosa pensi sia importante per la convivenza tra le persone?»

Sperava che lo stesso Akk prendesse del tempo per pensare e trovare risposte migliori di quelle che pensava. Così posso avere più tempo…

«Probabilmente…» disse Akk, abbassando gli occhi sulle ginocchia. Sani poteva vedere l’incertezza.

Quindi lo incoraggiò: «Possiamo parlare tranquillamente. Non c’è niente di giusto o di sbagliato qui.» Perché nemmeno io ne so più di te.

«Penso che potrebbe essere…. la pace.»

Era vero.

«È la risposta giusta.»

Poco fa, ho detto che non c’è niente di giusto o sbagliato…

Si schiarì la gola: «Cioè… è una buona motivazione.»

«Mi sto solo chiedendo…» Akk sembrava ancora frustrato.

«Perché se è così semplice alcune persone non capiscono? Anche se sembrano intelligenti da morire.» 

«Le persone vengono cresciute in modo diverso. Ma Akk, quello che stai facendo va bene. Anche pensare e capire gli altri è una cosa buona.»

«Grazie, professoressa. Anch’io la penso così. Per convivere bene bisogna essere in armonia. Non è che solo perché uno si comporta in modo diverso, un’altro ne deve soffrire.  Un bravo legislatore penserebbe a questo. Non importa di chi si tratti.»

Mettendo in ordine i pensieri, gli occhi dell’interrogante si illuminarono.

«È stato davvero giusto chiedere a voi insegnante. Altrimenti sarei rimasto confuso per molto tempo…»

«Chi era confuso?»

Fu la prima frase a cui il professor Chadok rivolse la sua attenzione e chiese. Sia lei che lo studente spostarono contemporaneamente gli occhi verso di lui.

In generale, nessuno studente amava conversare con il professore. Se non fosse stato strettamente necessario, lo avrebbero evitato. Se interpellati, parlavano il meno possibile. Non solo gli studenti, ma anche alcuni insegnanti lo evitavano.

Ma Akk era l’eccezione.

Da quando si erano incontrati per la prima volta, il giovane parlava tranquillamente con il bulldog della scuola, senza problemi, senza essere nervoso e addirittura senza essere spaventato. Sani non poteva fare a meno di essere sorpresa.

Più tardi aveva capito che se il professor Dika, il precedente insegnante a cui era stata assegnata quella cattedra, era il braccio destro del corpo insegnanti, Akk era il braccio destro del corpo studenti. L’esperienza di Akk lo aveva portato a lavorare a stretto contatto con il professor Chadok, scambiando e ricevendo comandi, non solo di obbedienza, ma anche di diffusione della fede.

Agli occhi di Akk, il professor Chadok era più un Pastore Tedesco che un Bulldog!

«Il nuovo studente.»

Le sue parole non erano chiare agli ascoltatori.

«Intendi Ayan?» ribadì Sani.

Il giovane in uniforme scolastica annuì.

Allo stesso tempo, anche gli occhi sotto i bassi occhiali rettangolari del professor Chadok si oscurarono.

Non è strano. Quasi tutti gli studenti del liceo di Suhpalo erano figli di ex studenti della scuola. Chi si unisce deve avere forti legami, e anche avere un potere illimitato, quella era la condizione per far parte della classe. Ayan era un caso speciale.

Un ragazzo minuto con un comportamento calmo, sembrava avere una sorta di aura che attirava l’attenzione su di sé.

«Perché dobbiamo parlare di questo?» una nuova domanda di Chadok.

Akk sospirò e raccontò una breve storia accaduta nella classe sociale.

«Ha discusso con la professoressa Waree?» disse la persona che aveva ricevuto la risposta come se stesse rimuginando tra sé e sé, prima di concludere: «Il liceo Phrarot, non è mai stato severo con la disciplina.»

Non sapeva spiegare perché, le nuove parole dell’oratore avevano ricordato a Sani il vecchio insegnante della foto strappata. Il professor Dika, il braccio destro del professor Chadok, che si è dimesso per unirsi al nemico.

Chadok non si sarebbe imbattuto in nessuno di simile. Continuò: «Che ne pensi di quei ragazzi intelligenti? Di solito tendono a sostenere le loro opinioni tanto da non curarsi di nessuno. Se continuano così, in futuro ci saranno problemi con loro stessi.»

«Cosa intende, professore?»

Per la prima volta quel giorno il bulldog sorrise. Sorride senza mostrare i denti.

«Per fortuna lei è l’insegnante di questa classe. Credo che questa volta sia necessario chiedere aiuto anche agli altri insegnanti che insegnano agli studenti della classe…»

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