ADIEU, PINGUINO VERGINE – FANFICTION

La porta si aprì di scatto e l’alta figura di Ichiro si precipitò nell’appartamento, incespicando mentre si toglieva le scarpe al volo. La voce decisa cominciò a chiamare il nome di Shiro, mentre correva a cercarlo in camera da letto, poi in cucina e, infine, di nuovo nel salotto.

In quel momento la porta del bagno si aprì. Shiro uscì con i capelli umidi, avvolgendo un asciugamano sui fianchi, con uno sguardo interrogativo.

Non riuscì a dire neanche una parola che si ritrovò nell’abbraccio forte dell’altro uomo.

«Perchè non hai risposto al telefono?» chiese Ichiro.

«Stavo facendo la doccia e non l’ho sentito.» rispose colpito Shiro, mentre le sue braccia si stringevano inconsciamente intorno alla larga schiena dell’altro.

«Io… stavo pensando che… tutto potrebbe finire da un momento all’altro.» continuò Ichiro, il volto sepolto tra il collo e la spalla di Shiro, il respiro caldo e affannoso che solleticava la pelle e accendeva strane sensazioni nello yakuza.

«Voglio passare questa notte con la persona che amo.»

Il sorriso che si era acceso sul volto di Shiro sentendosi al sicuro tra le braccia di Ichiro si congelò sul momento, per trasformarsi nel sorriso di cortesia che usava con i suoi amanti. Le braccia, prima strette sulla schiena, scivolarono verso i fianchi del poliziotto, pronte a sciogliere l’abbraccio.

«Ho capito, ho capito, stasera andrò al club e passerò lì la notte, così tu potrai invitare Chiko-chan!»

L’abbraccio di Ichiro però non si sciolse, anzi, si strinse ancora di più, mentre le labbra raggiungevano l’orecchio di Shiro, solleticandolo con il fiato.

«Non è Chiko-chan la persona che desidero…» le sue labbra scivolarono poi lungo il collo, dall’orecchio fino alla clavicola.

Il calore improvviso, unito alle parole inaspettate, strapparono un gemito a Shiro, tra la sorpresa e il piacere.

Ichiro voleva lui.

Tornò a stringere le braccia aggrappandosi alla schiena di Ichiro perché gli tremavano le gambe. Il gemito aveva evidentemente dato sicurezza all’altro che stava continuando a far piovere baci sulla pelle nuda.

Con il volto ancora sepolto nei capelli di Shiro, Ichiro parlò a voce bassa: «Non so cosa devo fare, puoi dirmelo tu?»

A quel punto Shiro si staccò sorridendo, pronto a prendere in giro l’inesperienza dell’altro, ma si trovò ad affogare in due occhi che univano timidezza e desiderio in un mix mortale. Le parole di scherno gli morirono in bocca. Si alzò leggermente in punta di piedi per baciare le labbra di Ichiro, guidandolo in un bacio sempre più rovente.

L’inesperienza era evidentemente bilanciata dal suo desiderio e dalla sua passione. Rimase un po’ sorpreso quando sentì la lingua di Shiro entrare gentilmente nella sua bocca, lasciandogli il tempo di abituarsi a quell’intrusione, ma ben presto rispose, ingaggiando una danza che solo loro due sapevano istintivamente portare avanti.

Quel bacio profondo li lasciò senza fiato, costringendo Shiro a staccarsi. Si accorse che Ichiro era ancora vestito di tutto punto, con ancora il cappotto e la giacca addosso.

Guardandolo negli occhi cominciò a far scivolare il soprabito dalle spalle, afferrandolo per poi piegarlo diligentemente sul divano. Lui poteva essere disordinato, ma sapeva che Ichiro ci teneva e non avrebbe mai rovinato le sue cose. Anche la giacca seguì la stessa sorte del cappotto e infine la camicia, lasciando Ichiro solo in canottiera e pantaloni.

Vedendo che l’altro cominciava a sentirsi intimidito a spogliarsi, Shiro decise di dargli tempo, prendendolo per la mano e conducendolo nella camera da letto. Ma Ichiro non era uno che si faceva spaventare, neanche dalle proprie insicurezze, e una volta dentro disse: «Non fermarti, dimmi cosa devo fare.»

Shiro lo guardò e, sorridendo e infilando le mani sotto la canottiera dell’altro, facendogli bloccare il respiro in gola, rispose: «Lasciati andare, non esiste un manuale per queste cose.»

Sentendo quelle parole, dopo essersi sfilato la canottiera, Ichiro si piegò di nuovo a baciare quelle labbra sottili, con un retrogusto di tabacco che però non gli dispiaceva. Mentre le sue mani andavano ad accarezzare la schiena nuda dell’altro, Ichiro seppe che aveva fatto la scelta giusta.

Shiro fece qualche passo indietro senza staccare lo sguardo dagli occhi dell’altro, salì sul letto per poi fare segno a Ichiro di stendersi accanto a lui.

Lentamente cominciò a far scivolare la mano sui forti muscoli dell’altro: prima i pettorali, poi gli addominali, fino alla cintura che cominciò a slacciare lentamente,percependo chiaramente l’eccitazione sotto i pantaloni.

Si chinò a baciare Ichiro, poi la sua bocca continuò sulla linea della mascella, un po’ baciando e un po’ mordicchiando, scendendo ancora sulle clavicole ben delineate e poi sui pettorali, per fermarsi a giocare con i capezzoli eretti, succhiando e mordendo delicatamente ma con decisione.

Anche se evidentemente Ichiro cercava di controllarsi, il respiro divenne affannoso e una mano salì a insinuarsi tra i lunghi capelli dell’altro.

La bocca di Shiro continuò la sua esplorazione, assaggiando i forti muscoli dell’addome del corpo ben allenato di Ichiro. Alzandosi leggermente gli sfilò i pantaloni, lasciandolo solo con i boxer aderenti che non riuscivano più a contenere l’erezione.

Mentre stava per riprendere la sua esplorazione, Shiro si ritrovò ribaltato sulla schiena, con Ichiro su di lui, le braccia tese a sostenersi e gli occhi piazzati nei suoi. Il suo sguardo acceso di desiderio. Ichiro si piegò lentamente a baciarlo, poi la sua bocca continuò sulla linea della mascella, succhiando e mordendo, scendendo ancora sulle clavicole… Ichiro stava replicando i suoi movimenti. Il giovane poliziotto era proprio veloce ad imparare! Anche se era meno muscoloso, pure Shiro aveva un corpo ben definito. La lingua di Ichiro andò a tracciare la linea di ogni muscolo del torace mentre con un pizzico di curiosità e di sorpresa si soffermava sui capezzoli, scoprendo come diventavano duri ed eretti mentre ci giocava. Sentiva anche sulla coscia l’erezione di Shiro, coperta dall’asciugamano. Il fatto di poter scatenare quelle reazioni nell’altro da una parte lo imbarazzava, ma dall’altra gli dava stranamente una grande soddisfazione. Gli piaceva da matti sentire i sospiri e i gemiti di Shiro e sapere che era lui la causa.

Istintivamente si stese tra le gambe dell’altro, andando a sfregare la propria erezione contro quella del compagno mentre la mano andava a sciogliere l’asciugamano. Era ancora diviso tra le labbra, incollate a quelle di Shiro in un bacio profondo, le lingue arrotolate l’una all’altra, e le sensazioni complesse che salivano dall’inguine che si strofinava sul ventre dell’altro quando si ritrovò ribaltato sulla schiena. Rimase un po’ stupito, perchè non era da lui farsi sorprendere così, poi riconobbe l’indiscussa esperienza di Shiro in fatto di sesso e si lasciò sopraffare dall’altro: c’era qualcosa di rassicurante nell’affidarsi a lui.

Shiro lo aiutò a far scivolare i boxer lungo i fianchi magri, esponendo il membro guizzante. Si allungò poi al cassetto del comodino per prendere il lubrificante mentre Ichiro lo guardava, nei suoi occhi trapelava una punta di ansia «Non so se preferisco stare sopra o sotto…» 

Shiro rise calorosamente, alleggerendo la tensione «Non preoccuparti, a me piace stare sotto!»

Mentre allungava le mani dietro di lui per ammorbidire la muscolatura, Shiro pensò che la dolcezza di Ichiro non avesse prezzo.

Conoscendo a fondo il proprio corpo, non ebbe bisogno di molto tempo per prepararsi: prese il membro di Ichiro e lentamente cominciò a farlo scivolare dentro di sé, stando a cavalcioni sull’altro.

Le mani di Ichiro, che fino a quel momento avevano vagato sul suo corpo accarezzandolo e sostenendolo, assaggiando la pienezza dei muscoli, lo lasciarono improvvisamente per arpionarsi al lenzuolo.

Shiro lo guardò sorpreso: «C’è qualcosa che non va? Ti sto facendo male?»

«No no, assolutamente.» rispose Ichiro, facendo uno sforzo evidente per controllare la propria voce «Anzi….»

«…Anzi???» lo incalzò Shiro, continuando lentamente a scivolare su di lui.

Ichiro distolse lo sguardo, chiaramente imbarazzato. «Ho paura di farti male.» disse con la voce ridotta a un soffio.

Le sopracciglia di Shiro salirono quasi a toccare i capelli «E come?»

Ichiro lo guardò negli occhi. «Ho voglia di afferrarti e trascinarti giù, di entrarti dentro con forza, va bene?» rispose, arrabbiato evidentemente con sé stesso per quel sentimento, che pensava non fargli onore.

Shiro cercò di restare serio, ma poi scoppiò a ridere di fronte all’espressione contrita dell’altro. Non era nella sua natura prendere gli affari di letto con serietà… se non quando gli serviva per i suoi scopi.

Sostenendosi al forte addome di Ichiro, con un solo movimento, lo accolse dentro al suo corpo con un sospiro di piacere e soddisfazione.

All’improvviso, a quella sensazione di estremo calore che percepì attraverso il suo membro, gli occhi di Ichiro si spalancarono: sospettava che potesse essere bello, ma non avrebbe mai immaginato che sarebbe stato così meraviglioso.

Shiro cominciò a ondeggiare su di lui, sfilandolo leggermente per poi riportarlo all’interno del suo corpo che lo accoglieva sempre più in profondità.

Le mani di Ichiro si staccarono dal letto e salirono a toccarlo e guidare il movimento dei fianchi in  una danza per lui nuova, ma antica quanto l’uomo. Non aveva bisogno di manuali: il suo corpo gli diceva cosa voleva. Voleva toccare Shiro, voleva sentire la sua pelle serica sotto i polpastrelli, i muscoli forti sotto le sue mani, le sue natiche che si sfregavano sul suo inguine e, soprattutto, il suo corpo che lo avvolgeva e che lo lasciava andare per accoglierlo nuovamente.

Mentre una parte della sua mente annegava in una crescente sensazione di piacere, una minuscola parte di coscienza, formata in anni di addestramento nel Corpo Speciale, si rese conto che ogni volta che il suo membro colpiva un determinato punto all’interno del corpo di Shiro, la sua espressione tradiva un fortissimo piacere.

Lasciò che l’altro guidasse i loro movimenti per qualche altra spinta, poi, usò le braccia per sollevare Shiro e sfilarsi da dentro di lui per ribaltarlo.

Shrio non ebbe quasi il tempo di esternare le proprie rimostranze, che Ichiro l’aveva già nuovamente penetrato e, sostenendosi alle braccia, stava ondeggiando i fianchi avanti e indietro.

In pochi colpi Ichiro trovò il punto che stava cercando: gli occhi di Shiro si splancarono e lo sguardo si fece sfocato. La bocca dalle labbra sottili annaspò alla ricerca di aria ma Ichiro non gli diede un momento di tregua, continuando a colpirlo nello stesso punto con forza e regolarità. 

Ichiro si abbassò sui gomiti per baciare il suo amante, il quale si strinse a lui, avvinghiando le proprie gambe ai fianchi dell’altro. Le mani scattarono ad aggrapparsi alla larga schiena del poliziotto come un uomo che sta affogando e che trova un legno per sostenersi in mezzo all’oceano, e le unghie si conficcarono nella carne, lasciando evidenti e profondi segni rossi a cui nessuno dei due badò minimamente.

Dopo poco Shiro non riuscì a resistere oltre e venne urlando di piacere mentre Ichiro, con la testa nascosta tra il suo collo e la clavicola, si liberava dentro di lui, provando una sensazione così intensa da lasciarlo stordito.

Per diversi minuti i due non poterono fare altro che restare abbracciati, aspettando che la marea del loro orgasmo si ritiraesse, lasciandoli esausti ma soddisfatti.

Ichiro fu il primo a muoversi, sfilandosi dal corpo di Shiro. Guardò il suo membro che ancora semi eretto lasciava quel luogo dove aveva trovato tanto piacere. Guardando il liquido bianco che ne usciva, con una punta di rimpianto, si disse che avrebbe dovuto usare un preservativo, ma sul momento quell’idea non gli aveva neanche attraversato la mente, completamente concentrata sulle sensazioni nuove che stava provando.

Si allungò a prendere dei fazzoletti sul comodino di fianco al letto e asciugò il ventre bagnato di Shiro che con gli occhi chiusi respirava ancora profondamente, ma poi si fermò imbarazzato.

A quel punto la bocca birichina di Shiro si allungò in un sorriso e un occhio si aprì: «Alla fin fine sei ancora un pinguino vergine e ti imbarazzi per niente! Dammi qua!!» e ridendo prese i fazzoletti dalla mano di Ichiro, procedendo poi a darsi una ripulita sommaria, senza smettere d ridere e di prendere in giro il povero poliziotto che, con le orecchie rosse, procedeva alla stessa pulizia.

I due si stesero l’unico fianco all’altro, guardandosi in fondo all’anima.

«Perchè io?» chiese alla fine Shiro.

«Non lo so.» rispose Ichiro, che non capace di mentire: «All’inizio pensavo che questo desiderio di sapere sempre cosa stavi facendo, se stavi bene, se avevi mangiato, se eri in pericolo, nascesse solo dall’affetto e dal rispetto che provo per la Senpai*. Poi quando ti ho visto senza sensi nel caseggiato, quando ti ho immaginato tra le braccia del Primo Ministro….un’angoscia indicibile mi ha stretto il petto. Ero arrabbiato con te perché non sapevo cos’era che mi stava dilaniando.» 

Ichiro sospirò per poi continuare: «Poi ho capito: ero disgustato al pensiero che qualcuno ti toccasse, che sporcasse la tua carne con le sue mani. So chi sei e cosa fai e come usi il tuo corpo…» Ichiro alzò la mano per bloccare la replica dell’altro. «Ma dopo un po’ non potevo continuare a dirmi che mi andava bene così. Non sono solito mentire, neanche a me stesso.»

*(N/A: la sorella di Shiro, Rion, è la Senpai, cioè la collega più grande di Ichiro.)

Shiro sorrise teneramente alla confessione del suo amante e lo tirò a sé in un bacio che si fece sempre più profondo.

«Girati.» gli disse Ichiro: «Voglio vedere il tuo tatuaggio.»

L’altro si girò sdraiandosi sul ventre, continuando a guardarlo. Le dita di Ichiro salirono ad accarezzare la pelle nuda, seguendo i contorni del disegno tracciato dall’ago del tatuatore.

«Tu sei la tigre.» disse Ichiro. «Non serve quanto ti dica di stare attento, devi sempre farti avanti e ruggire, far valere la tua forza e rivendicare la tua supremazia. Ma quando i cacciatori ti incalzeranno nel folto della foresta, ricordati che io sarò il tuo cespuglio di peonie. Vieni da me e io ti nasconderò ai loro occhi, vieni da me e io ti proteggerò e nella mia ombra potrai riposare.»

Poi, vergognandosi di aver messo a nudo il proprio cuore e per sottrarsi allo sguardo stupito ma pieno d’amore di Shiro, Ichiro si abbassò a lasciare un bacio su un petalo della peonia, seguito da un altro e poi da un altro ancora, mentre l’aria tornava a farsi rovente, a causa delle mani che accarezzavano e indugiavano sul corpo di Shiro.

Ben presto i baci non furono abbastanza: morsi e nuovi petali rossi cominciarono a tempestare la schiena tatuata. Sebbene fosse già passato tanto tempo dall’intenso dolore provato durante le sedute per la sua realizzazione, Shiro ebbe l’impressione che la sua pelle fosse percorsa da migliaia di piccoli aghi, che donavano un piacere così intenso da rasentare il dolore.

Il suo respiro si fece sempre più rapido, i gemiti sempre più profondi, la schiena inarcata in una linea talmente estrema, mentre Ichiro scendeva lungo la colonna vertebrale raggiungendo la zona lombare, che quasi temeva di spaccarsi in due.

Ichiro si pose tra le gambe di Shiro e si tirò sulle ginocchia, afferrando e sollevando i fianchi dell’altro.

Adesso il corpo di Shiro si mostrava pienamente ai suoi occhi, la linea inarcata della schiena rivelava la ferma muscolatura e la flessibilità dell’altro. Poteva anche vederne il viso, la testa reclinata a guardarlo con uno sguardo implorante. Gli occhi di Shiro gli stavano chiedendo di porre fine a quella tortura e di donargli nuovamente piacere.

Con un movimento quasi unico, ricordando a Shiro che Ichiro era rapido a imparare, scivolò nuovamente nel corpo caldo dello yakuza trattenendo i fianchi che istintivamente si erano spostati in avanti.

«Perdonami.» si scusò Ichiro, cominciando a saccheggiare quel corpo teso davanti a lui, guidando i fianchi dell’altro in un movimento che li portava a scontrarsi contro il suo bacino ogni volta che affondava nel corpo di Shiro.

Ben presto l’aria fu piena solo di gemiti, sospiri e del suono della carne che si scontrava.
La perdita del proprio autocontrollo da parte di Ichiro portò ben presto entrambi ad un orgasmo se possibile ancora più intenso del precedente.

E quello non fu l’ultimo di quella lunga e istruttiva notte.

********

La mattina successiva Ichiro si svegliò, come sempre, alle sei. Non aveva bisogno di orologi: gli era rimasta questa abitudine dagli anni dell’addestramento.

Quella mattina però, a differenza delle precedenti, la sua spalla sinistra era bloccata da un peso. Vedeva la sommità della testa bionda di Shiro, il capo abbandonato sul suo petto. le braccia dell’uno strette attorno al corpo dell’altro. Lo yakuza si era addormentato sfiancato dal piacere tra le sue braccia e non si era mosso da quel caldo riparo.

Ichiro posò un dolce bacio sulla sommità di quel capo, e poi si alzò, sfilando lentamente il braccio, per farsi una doccia e preparare la colazione per entrambi.

Mentre stava preparando le frittate dolci che Shiro tanto amava, qualcuno suonò alla porta. Era domenica: i due aiutanti di Shiro sarebbero stati ancora occupati a contare gli incassi del club e lui non aspettava nessuno…

«Stai preparando la colazione? Ottimo, mangerò con voi ragazzi.» esordì Rion, la sorella maggiore di Shiro nonché collega e mentore di Ichiro, entrando in casa. «Mio fratello dorme ancora? è veramente impossibile svegliarlo presto la mattina. Mi chiedo perché debba sempre ridursi così!» Rion si riferiva evidentemente all’attività di proprietario del club che Shiro gestiva per la famiglia Minegami ma il pensiero di quello che aveva fatto veramente la sera prima fece diventare roventi le orecchie di Ichiro.

Sentendosi accaldato al pensiero della notte precedente, decise di togliersi la felpa, per restare solo con la maglietta. Per rispetto, e sentendosi un po’ intimidito, decise di sfilarsela dando le spalle alla senpai, senza accorgersi che l’indumento, risalendo lungo la schiena, stava sollevando la maglietta, mettendo così a nudo i profondi segni rossi lasciati dalle unghie di Shiro la notte precedente.

Rion stava per strozzarsi con il caffè alla vista della schiena del suo sottoposto: pensò che sotto sotto Ichiro dovesse essere un uomo passionale e si chiedeva quale donna avesse vinto quel cuore che sembrava destinato solo alla lotta contro il crimine.

In quel momento, la porta della camera da letto si aprì, e Shiro ne uscì, vestito solo con i pantaloni del pigiama e la sua vestaglia di seta preferita. Non si era accorto della presenza della sorella: era tutto concentrato nell’esplorazione del proprio petto, sulla cui pelle chiara spiccavano evidenti i segni di morsi e succhiotti.

Tenendo i lembi della vestaglia aperta, gli occhi bassi sul proprio corpo, Shiro sbottò a voce alta: «Non puoi lasciarmi questi segni, Ichiro, cosa succederebbe se avessi una convocazione all’improvviso? O se decidessi di andare alle terme con i miei uomini?»

Un rumore improvviso gli fece alzare gli occhi: Ichiro, con in mano la felpa come se fosse un lenzuolo, si stava lanciando tra lui e la sorella, che lo guardava con gli occhi spalancati strozzandosi definitivamente con il caffè, per nasconderlo alla sua vista.

L’intervento gli permise di ricomporsi e di chiudere la vestaglia mentre la voce bassa di Ichiro lo raggiungeva insieme al suo sguardo caldo: «Scusami…»

«Cosa state combinando voi due?» urlò Rion, più sorpresa che arrabbiata. «Non posso credere che il cuore di Ichiro, uno degli uomini più desiderati dell’unità, sia stato vinto da quel mascalzone di mio fratello!»

Ichiro si seppellì ancora di più nelle spalle, seduto sul suo solito sgabello. Neanche Shiro, che in genere aveva una buona parlantina, riuscì a replicare. Gli dispiaceva che sua sorella avesse scoperto in quel modo non tanto il suo orientamento, che in verità le era già noto, ma le preferenze di Ichiro, anche se queste andavano a suo favore. A questo pensiero il cuore gli si riempì di soddisfazione, di appagamento e d’amore.

«Non voglio certo fare la terza incomoda tra i due piccioncini.» Adesso Rion stava palesemente ridendo: «Tornerò un’altra volta a fare colazione con voi… ma vi avvertirò prima del mio arrivo!»

La sorella si alzò e Ichiro l’accompagnò rispettosamente alla porta.

Shiro guardò la colazione preparata davanti ai suoi occhi… Tutto sembrava delizioso, in particolare quelle omelette gialle. Anche se non le aveva ancora assaggiate, Shiro sapeva che sarebbero state dolci, come piacevano a lui. Prese le bacchette, ne afferrò un pezzo e lo mise in bocca. Percependo la presenza di Ichiro al suo fianco, alzò gli occhi con la bocca piena e le bacchette sollevate, solo per incontrare due occhi che non avevano più nulla della deferenza con cui Ichiro guardava sua sorella. Erano due occhi che accendevano il fuoco dentro di lui, due occhi che chiedevano famelici di ripetere il piacere intenso della notte precedente.

Deglutendo a fatica la deliziosa omelette dolce che si era bloccata nella sua gola e senza staccare gli occhi dall’altro, Shiro si alzò, lo prese per mano e lo portò di nuovo in camera da letto.

La colazione si sarebbe raffreddata, ma Ichiro sicuramente non si sarebbe offeso.

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