BED FRIEND – CAPITOLO 12 (M)

Legame

Ero rimasto al condominio di King per tutta la settimana per ridurre la possibilità che Pok mi seguisse o mi minacciasse di nuovo. Durante quei sette giorni, il tempo era passato senza che accadesse nulla di straordinario. Il giorno in cui Pok era venuto a infastidirmi ed era stato preso a pugni da King era stata l’ultima volta che l’avevo visto. Dopodiché non mi aveva più disturbato, non mi aveva chiamato, né infastidito e non mi aveva neanche aspettato fuori dal lavoro. Sembrava che avesse già imparato la lezione.

Pertanto, trascorsa una settimana, dissi a King che sarei tornato a casa mia. Uno dei motivi era che non volevo invadere troppo il suo spazio privato.

Per quanto riguardava l’altro motivo…

«Tornerai oggi? E se avesse aspettato che tu smettessi di essere cauto prima di molestarti di nuovo? Puoi rimanere per un’altra settimana. Non è un grosso problema per me.» La mano appiccicosa dell’oratore mi accarezzava il sedere mentre mi pettinavo davanti al grande specchio in camera da letto per prepararmi ad andare al lavoro.

Scossi la testa mentre socchiudevo gli occhi e mi voltai per guardare lievemente infastidito King che era ancora avvolto nel suo asciugamano, ad accarezzarmi senza alcuna intenzione di vestirsi.

Volevo tornare a casa mia il prima possibile per colpa sua. Aveva degli impulsi troppo travolgenti. Avevamo concordato che avremmo fatto sesso non più di tre giorni alla settimana, ma siccome dovevo restare a casa sua, il proprietario della stanza mi chiedeva l’affitto più spesso del limite concordato mentre venivo travolto dai suoi preliminari. Quindi, una volta che avevo riacquistato la mia piena coscienza, avevo iniziato a sentire che accadeva un po’ troppo spesso.

Non gliel’avevo detto, ma intendevo chiedergli di non venire a casa mia la settimana seguente. Dormire in letti separati per un’intera settimana non lo ucciderebbe, giusto?

«Tornerò oggi. Lui non verrà. Vestiti, ti prego. Sono quasi le sette.» subito gli dissi di sbrigarsi prima che arrivassimo in ritardo al lavoro per la terza volta quel mese. Quando mi sentì, la sua espressione cambiò, mostrando quanto fosse seccato.

«Mi sento sempre pigro il venerdì. Posso prendere un congedo?»

«No! Oggi facciamo la festa d’addio per Mai.» Mi chinai per evitare la sua mano che stava per afferrarmi la vita. Poi andai a prendere la cintura, la indossai e andai in soggiorno per aspettarlo prima di partire per il lavoro alla stessa ora.

Dopo aver svolto il tirocinio per quasi quattro mesi, la settimana seguente sarebbe stata l’ultima in cui Mai avrebbe lavorato presso la nostra azienda come stagista, quindi il reparto IT stava seguendo la tradizione di organizzare una festa d’addio per il tirocinante. Molte persone lo avevano convinto a candidarsi per un lavoro in azienda dopo la laurea, ma io e Jade pensavamo che per un talento come Mai sarebbe stato meglio lavorare in una grande azienda per avere maggiori possibilità di crescita professionale piuttosto che rimanere bloccati in una piccola azienda come la nostra.

Guardai il proprietario della scrivania accanto alla mia che era stato il mentore di Mai e al momento stava fissando con sguardo vacuo lo schermo del computer su cui era aperto un suo progetto senza però farci nulla. Nell’ultima settimana, il mio amico sembrava parlare meno del solito, e tra lui e Mai c’era stata un’atmosfera imbarazzante che prima non c’era.

Qualche giorno prima Mai aveva chiesto il mio consiglio. Mi aveva detto che si era già confessato a Jade, ma il mio amico lo aveva invece evitato. Lo avevo consolato dicendogli che Jade avrebbe potuto aver bisogno di un po’ di tempo per pensarci perché quando si cresceva, frequentare qualcuno non era più solo un divertimento temporaneo. Mai era ancora giovane e aveva ancora molte opportunità di incontrare tante altre persone, ma le persone della mia età non volevano più sprecare il nostro tempo in quelle relazioni superficiali.

Forse tranne King, perché sembrava volersi godere la sua vita da single ancora per molto tempo.

Per quanto riguardava Jade, immaginavo che avesse bisogno di un po’ di tempo da solo in quel momento, ma non avevo nemmeno mai visto questo mio allegro amico essere così cupo. Così verso mezzogiorno, dopo aver finito con la riunione, decisi di trattenerlo nella sala riunioni per scambiare due parole.

«C’è qualcosa non va in te. Cos’è successo? Sei troppo tranquillo.» gli chiesi.

Il mio amico sembrava un po’ stordito prima di ridere seccamente: «Mi conosci troppo bene, vero?» 

«Sei come un libro aperto, Jade. Chiunque può vedere che hai troppi pensieri per la testa.»

«È così?» Borbottò mentre si adagiava contro lo schienale della sedia, con aria esausta.

Lo fissai per un po’ prima di chiedergli: «Si. Allora, di cosa si tratta?»

Jade aprì gli occhi e fissò il soffitto con aria assente per un po’ e borbottò: «Quella cosa… che mi hai detto di chiedere a Mai, cioè chi gli piacesse davvero… gliel’ho chiesto.»

«Uh-huh.»

«Ha detto che io  gli piaccio.»

Beh, tutti in azienda potrebbero averlo già scoperto.

«E?»

«Ma poi in questi ultimi giorni, sembra… che stia mantenendo una certa distanza.»

«Sento anche che anche tu ti sei tenuto a distanza negli ultimi giorni,» dissi.

Jade sembrava ancora più depresso. Immaginavo che forse forse non si era reso conto di tenere così tanto a Mai.

«Cosa pensi che gli stia succedendo? Ho fatto qualcosa di sbagliato?»

«Beh, cos’è successo dopo? Voglio dire, dopo che ti ha detto che gli piaci.»

«… Sono stato un po’ colto alla sprovvista. Non sapevo come comportarmi, e c’erano così tante cose su cui riflettere prima di rispondergli. Poi, all’improvviso si è zittito.»

«Deve aver pensato che non ti piacesse.»

«No? Voglio dire, non ho ancora detto niente, perché dovrebbe pensarlo?»

«Proprio perché non hai detto niente, ecco perché potrebbe pensarlo, Jade. Immagina di dire a qualcuno che ti piace e questa persona rimane in silenzio o cerca di evitarti. Come ti sentiresti?»

Il mio tonto migliore amico rimase sorpreso quando lo spiegai. Jade era piuttosto lento riguardo al romanticismo perché non aveva mai avuto una relazione seria. Forse non si era reso conto che rimanendo zitto in quel modo, aveva dato un’impressione sbagliata all’altra persona.

«Ma… Lui… Mi piace.»

«Ma lui non lo sa. Immagino che abbia perso un po’ di autostima. Deve aver pensato che non ti piace, ma che non lo hai rifiutato solo per non ferire i suoi sentimenti.»

«Uh-huh…» Quello che avevo detto fece abbassare la testa di Jade.

Come lo vidi, mi alzai dalla sedia, andai da lui e gli diedi una pacca sulla spalla per tirargli su il morale. «Andiamo a pranzare. A quest’ora la mensa al piano di sotto dovrebbe essere affollata. E a questo proposito, sbrigati e digli quello che vuoi prima che Mai diventi ancora più depresso.» affermai.

Lui annuì obbediente, così scompigliai i suoi soffici capelli con affetto. Anche se avevamo la stessa età, a mio avviso, Jade era come un mio fratello minore. Dopo aver finito di parlare, uscimmo per prendere qualcosa da mangiare insieme.

**********

Normalmente, l’atmosfera di disagio all’ora di pranzo proveniva da King e me che non andavamo d’accordo, ma nell’ultima settimana il mondo era stato capovolto: King e io ci guardavamo segretamente negli occhi per poi guardare avanti e indietro tra Mai, che mangiava in silenzio, e Jade, che si sentiva a disagio mentre guardava costantemente Mai.

Chi avrebbe mai pensato che l’atmosfera cupa potesse provenire da questi due?

«Allora, cosa c’è che non va in Jade?» mi sussurrò King mentre tornavamo in ufficio dopo pranzo.

Guardai il ragazzo alto e più giovane che stava insolitamente camminando davanti a noi senza il nostro amico al suo fianco, dato che era stato richiamato per lavorare su un progetto di emergenza, prima di rispondere alla domanda: «Jade ci stava pensando troppo, e non capiva perché Mai non gli parlasse tanto quanto prima, ma gliel’ho già spiegato.»

«Non lo sapeva? È più ottuso di quanto pensassi.» King rise piano nella sua gola prima di voltarsi a guardare dietro di sé. Quando vide che nessuno ci stava seguendo, si voltò per lanciarmi uno sguardo civettuolo.

«Jade è lento, diversamente da me. Io imparo in fretta.»

«La tua mano sembra essere più veloce della tua testa.» Forzai un sussurro dopo aver sentito la pressione di una grossa mano che mi aveva schiaffeggiato forte il sedere.

King sorrise astutamente mentre acceleravo i miei passi allontanandomi da lui. Sospirai profondamente, cercando di mantenere una faccia seria mentre il mio cuore sembrava battere più forte.

Quella condizione era iniziata il giorno in cui King mi aveva protetto da Pok. Quando aveva agito in modo possessivo nei miei confronti, avevo cercato una scusa per ingannare me stesso che era solo un atto per ingannare il mio ex e che il mio cuore aveva tremato per lo shock provato. Tuttavia, quando King aveva applicato l’antidolorifico sul mio braccio, non avevo potuto negarlo…

Mi ero sentito molto, molto bene per quello che aveva fatto.

Forse a causa della mia solitudine, o perché nessuno si era mai preso così tanto cura di me, il mio cuore tremava così, ma pensavo che potevo ancora controllarmi e trattenermi dall’oltrepassare il limite. C’erano state molte volte in cui mi ero sentito così per altre persone che erano entrate nella mia vita, ma non molto tempo dopo, mi ero reso conto che era solo un vortice temporaneo di emozioni. Non mi piacevano molto e presto me ne ero dimenticato. Questa volta sarebbe finita allo stesso modo, proprio come tutte le altre volte.

Tuttavia…

Guardai il ragazzo alto che stava aspettando l’ascensore accanto a me e parlava sorridendo con un collega più giovane del reparto marketing. Prima di tutto questo, quando guardavo il viso di King, mi sentivo sempre infastidito da lui, in seguito mi era indifferente, ma ora iniziavo a preoccuparmi ogni volta che lo guardavo, sembrava che ci fosse sempre qualcosa che mi turbava la mente.

Erano tre mesi che eravamo amici con benefici, e questa era la prima volta che sentivo quanto fosse pericoloso giocare con le emozioni umane.

**********

Il venerdì pomeriggio la maggior parte degli impiegati lavorava in modo rilassato perché, normalmente, non c’era molto lavoro urgente, ma quel venerdì era diverso. Avevo un sacco di lavoro da finire, così come Jade, che non riusciva a distogliere lo sguardo dallo schermo del suo computer perché il capo aveva richiesto così tante modifiche al lavoro. Quando alzai di nuovo lo sguardo dallo schermo del computer, era ormai il momento di smettere di lavorare.

Dopo aver spento il computer e aver messo le mie cose nella borsa, accompagnai due colleghi più giovani del dipartimento che mi avevano chiesto un passaggio fino al ristorante dove avevamo organizzato la festa d’addio di Mai. Una volta arrivati ​​lì, gli altri ordinarono del cibo e si alzarono per cantare di fronte alla sala, mentre io mangiavo in continuazione.

«Birra?» Jade mi passò una bottiglia di birra.

Guardai con riluttanza quella bottiglia marrone prima di scuotere la testa per rifiutare l’offerta e mi voltai per prendere una bottiglia di soda per versarla nel mio bicchiere. Alla festa precedente, poiché avevo bevuto così tanto alcol da perdere conoscenza, mi ero messo nei guai. Anche se era passato, non volevo comunque pensarci. King e io eravamo diventati amici con benefici, ma quell’incidente era stato un errore. Se avessi potuto tornare indietro nel tempo, avrei fatto di tutto per impedire quell’incidente.

Stavo seduto lì a bere soda tra gli altri che bevevano birra e liquori misti, divertendosi come non mai. Mai, che era seduto accanto a King, fu quasi spinto da Big Sis Fai a cantare come per dire addio. Alla fine aveva accettato di fare come richiesto. La canzone triste che cantò mi fece voltare per guardare Jade che era seduto accanto a me, sembrava stressato e meditava su qualcosa.

La canzone finì, Mai porse il microfono a Big Sis Fai e tornò al tavolo. Guardai il mio amico e vidi che stava per dire qualcosa a Mai, ma poi si fermò e tirò fuori il telefono dalla tasca dei pantaloni prima di alzarsi e uscire dalla stanza per rispondere a una chiamata.

«Piano, piano, o finirai per ubriacarti.»

King strappò il bicchiere dalla mano del collega più giovane che era tornato al tavolo e che stava bevendo incessantemente. Mai, però, riprese il bicchiere e lo bevve tutto d’un fiato. Quella era probabilmente la prima volta da quando lo conoscevo che vedevo Mai così testardo come un bambino.

«Un ragazzino così testardo. Che diavolo ti prende, Mai? Hai il cuore spezzato?» chiese King.

Mi avvicinai a lui e gli chiesi a bassa voce: «Jade non ti ha detto niente?»

«No, non l’ha fatto.» rispose Mai mentre mescolava vari liquori per se stesso con una faccia fredda.

«Sta aspettando una fottuta cerimonia di apertura o cosa?» borbottò King.

«Forse non voleva dire niente per non ferire i miei sentimenti.»

«Non è quello.» Negai.

Mai sorrise amaramente e mi chiese di rimando: «Il silenzio è una forma di risposta, non è vero?»

Rimasi seduto immobile, guardando senza parole il ragazzo più giovane il cui cuore doleva mentre faceva scorrere il liquore in gola all’infinito. Al momento, non importa quanto io e King cercassimo di fermarlo, sembrava non ascoltare più, quindi tutto ciò che potevamo fare era aspettare che Jade tornasse e chiarisse le cose da solo. 

«Oggi bevi solo Pepsi?»

Dopo aver realizzato che impedire a Mai di bere si era rivelato vano. King lo lasciò continuare a bere e si rivolse a me. Quegli occhi scuri e acuti fissarono il bicchiere di soda nella mia mano prima di sorridere astutamente.

«Non vuoi un po’ di birra? O ti ha ricordato la festa precedente?»

«Vaffanculo.» Gli risposi con irritazione. Non gli avrei minimamente fatto sapere che avevo ancora paura di bere alcolici a causa dell’ultima volta.

King scoppiò a ridere quando vide lo sguardo irritato nei miei occhi, ma pochi secondi dopo, fui io a ridere mentre metteva una torta di pesce fritta su un cucchiaio e la metteva nella sua bocca, per poi soffocare fino a fargli diventare rosso il viso.

«Qui.» Sorrisi divertito e gli porsi un bicchiere d’acqua. King bevve tutta l’acqua del bicchiere prima di lanciarmi uno sguardo che mi mise stranamente a disagio.

Il suo sguardo sembrava… in qualche modo insolitamente gentile.

«Cosa stai guardando?»

«Questa è la prima volta…»

«…?»

«…che hai sorriso ampiamente guardandomi in faccia.»

Inconsapevolmente distolsi il viso per evitare i suoi occhi. A pensarci bene, quello che aveva detto poteva essere vero… difficilmente sorridevo, e il fatto che non andassi d’accordo con lui mi portava di solito a guardarlo male o a mantenere una faccia seria quando parlavamo.

Non avevo mai pensato che King fosse così attento. 

King riprese a bere la sua birra in silenzio mentre io rosicchiavo lentamente il cibo nel piatto, guardando i miei colleghi cantare a turno allegramente e osservando Mai che di tanto in tanto cominciava a barcollare. Molto tempo dopo, Jade tornò nella sala della festa. Quando vide che Mai era seduto con la testa bassa e gli occhi chiusi, gli occhi di Jade si spalancarono.

«Jade, il tuo ragazzino è più che ubriaco. Ha continuato a bere come se avesse il cuore spezzato o qualcosa del genere.» King fece un cenno con la testa verso la persona seduta accanto a lui, e una volta che vide Jade lanciargli uno sguardo di rimprovero, si difese rapidamente. «Non guardarmi così. Ho provato a fermarlo, ma non mi ha dato retta.» 

«Sono quasi le nove. Faresti meglio a portare Mai a casa.» Dissi al mio migliore amico.

Jade sospirò profondamente mentre camminava verso Mai, afferrandogli il braccio per metterlo dietro la sua nuca e tenendolo sollevato.

«Va bene, va bene. Allora io vado. Voi ragazzi tornate a casa sani e salvi, va bene?» 

«Anche tu, Jade. Guida con prudenza. I costi di riparazione dell’auto di Mai non sono economici.» Scherzò King.

Sorrisi leggermente quando vidi Jade dare un calcio alla gamba di King a causa della sua boccaccia. Poi la risata calorosa dei colleghi che cantavano allegramente nella parte anteriore della stanza attirò la mia attenzione, così li guardai e fui in grado di ridere con loro.

Guardai gli altri cantare a lungo sorseggiando la mia bibita prima di alzare il polso per guardare l’orologio. Erano già le nove e mezza. Probabilmente era giunto il momento di tornare finalmente a casa.

«Torno a casa.» Informai King, che era seduto accanto a me, e salutai i colleghi più anziani. Ma, all’improvviso, anche King salutò gli altri, si alzò e mi seguì. Aggrottai le sopracciglia ma mantenni la domanda nella mia mente finché non uscimmo, poi glielo chiesi: «Perché mi stai seguendo?»

«Posso tornare a casa con la tua macchina?»

«E la tua auto?»

«La lascerò qui. Tornerò domani per riprenderla. Sono ubriaco. Non posso guidare.» Si giustificò.

Lo guardai dalla testa ai piedi in modo incomprensibile. Era vero che aveva bevuto molti bicchieri di birra, ma non sembrava così ubriaco, i suoi occhi non erano nemmeno storditi. 

«Non sei ubriaco.»

«Ma ho ingurgitato molti bicchieri di birra. Se ci sarà un posto di blocco mentre torno a casa, finirò nei guai.» 

«Il tuo livello di alcol potrebbe non superare il limite.» Controbattei. 

King si avvicinò, aggrottando le folte sopracciglia: «Stanno facendo una campagna contro la guida in stato di ebbrezza, ma vuoi che guidi. Non posso farlo, no? Sii socialmente responsabile, signor Anon.»

«Va bene, ti do un passaggio.» Interruppi stancamente la conversazione e accelerai i miei passi verso la mia macchina, ma King pronunciò: «Non devi, è una perdita di tempo. Andiamo direttamente da te, dormirò lì.»

Le sue parole mi fecero girare la testa e corrugare le sopracciglia automaticamente.

«Perché dormi da me?»

«Così non devi guidare avanti e indietro.»

«Ma…»

«Ti ho lasciato dormire a casa mia per un’intera settimana, ma non posso passare una notte a casa tua? Non sei troppo cattivo?»

Il suo lungo lamento che contrastava con lo sguardo furbo dei suoi occhi mi fece roteare gli occhi. Pensava che non potessi mettermi al passo con quello che stava pensando? Essere ubriaco e via dicendo era solo una scusa, insomma voleva solo passare la notte a casa mia.

Dove sperare che accada qualcosa.

«Dormirai e basta, va bene?» anticipai all’istante. Ero molto stanco quella sera. Non ero dell’umore giusto per giocare con lui. King inarcò leggermente le sopracciglia prima di rispondere ridendo: «Va bene. Mi sento assonnato stanotte. Prometto che dormirò e basta.»

«Oh, bene.»

«Domani vedremo.» King alzò un sopracciglio verso di me.

Scossi la testa e mi allontanai da lui per aprire l’auto. Potevo sentirlo fischiare fastidiosamente da dietro di me. Sospirai profondamente, fissandolo mentre apriva la portiera dal lato del passeggero allo stesso tempo lo condannavo nella mia mente.

Potrebbe il tuo cervello smettere di pensare a qualcosa del genere per un solo secondo, pervertito?

**********

Alla fine, quella notte avevo dovuto riportare il finto ubriaco nel mio appartamento. Per tutta la notte aveva mantenuto la sua promessa di dormire anche se al mattino aveva cercato di entrare in intimità con me. Tuttavia, siccome ero abbastanza volitivo da non lasciarmi trasportare dal suo tocco eccitante, King alla fine si era arreso ed era andato via da casa mia verso le dieci, dopo aver fatto colazione.

La pace era tornata di nuovo nel mio condominio. Poi passai il resto della giornata a riordinare e pulire l’appartamento, dato che solitamente non avevo molto tempo per farlo. Andai avanti fino a sera. Mentre osservavo il luogo che avevo appena finito di pulire, un calendario appeso al muro colse di sorpresa i miei occhi.

Il numero rosso della data del giorno successivo mi ricordò qualcosa che avevo completamente dimenticato. Lo fissai per un po’ prima di staccare gli occhi dal calendario ed entrare nel bagno per togliermi i vestiti pieni di sudore e poter continuare con altre routine.

Quella notte, decisi di andare a letto prima del solito. La mattina dopo, fui svegliato dai continui messaggi in arrivo alle otto. Quando presi il telefono per dare un’occhiata, vidi una lunga serie di messaggi di Jade nella chat privata.

Jade: HBD, amico mio.

Jade: Adesso hai ventisette anni. Ti auguro tanta felicità e buona salute. Non avere mal di schiena così presto come me. Che tu possa incontrare solo brave persone, avere un bravo ragazzo e vincere un premio della lotteria da 30 milioni di baht. (Se vinci, non dimenticarmi!)

Jade: Per quanto riguarda il tuo regalo di compleanno, sono in debito con te. Sono a corto di soldi in questo momento, quindi ti comprerò degli spaghetti di pollo domani. LOL

Risi e gli inviai un messaggio di ringraziamento. Inoltre non dimenticai di chiedergli se avesse parlato con Mai. Mi diede una breve risposta dicendo che avevano sistemato tutto, quindi potei uscire dalla chat sentendomi sollevato ed entrai nella chat del dipartimento IT in cui i messaggi avevano iniziato ad arrivare senza sosta. Il mio nome era stato menzionato insieme agli auguri di compleanno e agli adesivi ‘Buon Compleanno’ che i miei colleghi mi avevano inviato.

Sorrisi leggermente mentre leggevo quei messaggi. Nel mio dipartimento, c’era una lista in cui erano stati registrati i compleanni di ogni membro e, in quelle occasioni, tutti inviavano i loro auguri ai festeggiati. Per alcuni anni mi ero ricordato il mio compleanno grazie ai messaggi dei miei colleghi. Infatti, se non avessi casualmente dato un’occhiata al calendario, probabilmente anche quella volta mi sarei dimenticato il giorno in cui ero nato.

Per me era solo una giornata normale. Per il mio compleanno, di solito trascorrevo l’intera giornata tranquillamente a casa mia o uscivo per rendere omaggio ai monaci la mattina per poi tornare a casa mia. Non uscivo per festeggiare, non c’era niente di speciale da festeggiare. Non avevo mai prestato molta attenzione al mio compleanno… E nemmeno mia madre ci aveva mai dato importanza.

Non ricevevo auguri di compleanno da mia madre da molto tempo. Immaginavo che forse non voleva ricordare quel giorno in cui aveva sofferto l’agonia di dare alla luce un parassita come me.

Misi giù il cellulare, mi alzai dal letto, mi feci doccia e bevvi una tazza di caffè come colazione prima di lasciare il condominio e guidare verso un tempio della zona. Non andavo in un tempio da più di un anno e l’anno passato era stato pieno di cose che mi facevano venire il mal di testa. Dato che oggi era il mio compleanno, volevo rendere merito per migliorare leggermente la buona sorte della mia vita.

Oggi era un giorno di festa, quindi c’erano un bel po’ di persone che facevano meriti al tempio. Comprai un secchio di offerte per l’elemosina ai monaci e unii i palmi delle mani per ricevere le benedizioni dal monaco. Dopodiché, andai a dar da mangiare ai pesci per guadagnarmi dei meriti. Una volta buttato via tutto il pane che avevo in mano, mi fermai, lasciai che la brezza soffiasse contro il mio corpo e mi godetti la vista del cielo luminoso e del vasto fiume di fronte a me.

Mi piacevano molto posti come il fiume o il mare perché calmavano la mia mente inquieta.

Il mio telefono squillò per un messaggio in arrivo, così lo tirai fuori per dare un’occhiata. Quello che vidi mi fece aggrottare la fronte, sentendomi leggermente irritato quando vidi gli auguri di King.

King: HBD, Nong Uea. Ora abbiamo la stessa età. Non so cosa regalarti. Posso invece donarmi a te? Lol

Sospirai profondamente per lo sfinimento. Anche il giorno del mio compleanno, doveva comunque farmi infuriare. 

‘Nong Uea’ il mio culo! Sono nato il tuo stesso anno.

Bloccai lo schermo del telefono e stavo per metterlo nella tasca dei pantaloni dov’era prima, ma poi vibrò di nuovo. Lo schermo mi avvisò di una chiamata in arrivo da un nome che mi fece sorridere leggermente senza rendermente conto prima di rispondere alla chiamata.

«Hey!»

[Phi Ueaaaa, buon compleanno. Mi manchi.]

La voce vivace dall’altra parte della chiamata apparteneva a Tonkhao, la mia sorellastra. L’allegra ragazza di diciassette anni era l’unico membro della mia famiglia con cui potevo parlare senza sentirmi a disagio. Anche se avevamo dieci anni di differenza e lei conosceva tutti i problemi che avevo con la mia famiglia, era rimasta comunque in contatto con me e non si era mai allontanata da me.

«Mi manchi anche tu.» Le dissi, così lei ridacchiò. 

[Se ti manco, vieni a trovarmi.]

«Puoi venire tu a trovarmi.»

Tonkhao rimase in silenzio per un po’ prima di parlare con cautela: [Beh…]

«Che c’è?»

[In effetti, la mamma mi ha detto di chiamarti e invitarti oggi. Ha detto che non ti vede da mesi. Se avesse chiamato, non avresti risposto alla sua chiamata. Oggi è il tuo compleanno e dovresti… tornare a casa per stare con la tua famiglia.]

Le sue parole mi fecero tremare il cuore in modo incredibile. Il mio cuore, che pensavo fosse insensibile a tutti i sentimenti, iniziò a tremare.

Erano passati così tanti anni che non avevo mai ricevuto nessun augurio da mia madre, e non mi sarei mai aspettato che lei in realtà lo ricordava.

Il fatto che la mamma ricordi il mio compleanno significa che sono ancora tra i suoi pensieri, no?

[Sei libero oggi? Se è così, puoi venire per un po’? Possiamo cenare. Mi manchi, Phi Uea.] La voce quasi supplichevole della mia unica sorella mi sciolse il cuore.

«Va bene. Passerò di sera.»

[Davvero?! Vuoi mangiare qualcosa in particolare? Mamma può farlo per te!]

«Non preoccuparti. Posso mangiare qualsiasi cosa. Ci vediamo.» dissi prima di riagganciare il telefono e fissare il fiume. Numerosi sentimenti esplosero lentamente nel mio cuore: era un miscuglio gioia e stress.

Ero contento che mia madre si ricordasse del mio compleanno, ma andandoci, non potevo evitare di incontrarlo. Immaginavo che avrei potuto tollerare di stare in quella casa per circa due ore per passare del tempo con mia madre e mia sorella, ma se fosse stato lontanamente possibile, speravo che non fosse a casa.

Perché ero davvero disgustato nel vedere la faccia di quell’uomo.

**********

Dopo essere uscito dal tempio, tornai nel mio appartamento e aspettai fino alle cinque del pomeriggio circa prima di lasciare di nuovo il condominio. Presto la mia macchina si fermò davanti alla casa annessa che apparteneva al mio patrigno. A dire il vero, il mio appartamento non era molto lontano da lì. Quando l’avevo  comprato pensavo di allontanarmi molto dalla mia famiglia, ma un’altra parte di me era ancora preoccupata per mia madre e mia sorella, quindi avevo scelto l’appartamento che si trovava nella stessa zona della casa della mia famiglia così che se qualcuna si fosse ammalata, potevo andare subito da lei.

Poteva essere a causa di un istinto per cui la relazione legata dal sangue era difficile da interrompere completamente. Anche se mia madre non mi amava, io l’amavo ancora… dolorosamente.

«Phi Uea!» Il dolce suono di una bella ragazza mi accolse non appena scesi dall’automobile. Tonkhao corse fuori di casa dritto per abbracciarmi forte. Le arruffai la testa, sentendo che era leggermente più alta di quanto non fosse l’ultima volta che l’avevo vista. Guardai con occhi vuoti la casa che aveva un servizio di lavanderia al piano di sotto che era tra le file di diverse case.

Era lì che avevo vissuto per quasi dieci anni finché non ero entrato in un’università. Da allora, non ero quasi più tornato lì. 

«Eccoti finalmente arrivato. Pensavo avessi dimenticato la strada di casa.»

Mia madre seguì Tonkhao fuori dall’edificio. Il suo viso sembrava indifferente all’incontro con suo figlio che non vedeva da mesi. Lasciai andare Tonkhao e salutai mia madre con un wai, ma, al contrario, mia madre si accigliò e con voce stridula disse: «Adesso entra, presto. Lasci la porta aperta per far entrare le zanzare?»

La mia piccola speranza era crollata in un batter d’occhio. Guardai mia sorella che sorrideva nervosamente mentre sentiva le parole della mamma prima che le tenessi la mano ed entrassimo insieme in casa. Quando arrivai in soggiorno, rimasi sorpreso quando sentii una voce roca salutarmi.

«È da tanto tempo che non ci vediamo. Uea.»

L’altra mano che non teneva quella di Tonkhao si strinse forte. Il mio corpo si irrigidì automaticamente quando i miei occhi incontrarono quelli della persona che chiamavo ‘il mio patrigno’. 

«Buonasera, Zio Sorn.» 

Anche se la mia mente si opponeva a farlo, dovetti salutarlo con un wai perché ero agli occhi di mia madre. Anusorn, il mio patrigno, subito mi sorrise.

«Sono contento che tu sia tornato a casa. Uea. Mi sei mancato.» Disse, ignorando la mia voce distaccata. 

Il suo sorriso e gli occhi che mi guardavano apparivano ancora amichevoli e gentili. Se qualcuno avesse visto la sua espressione, avrebbe pensato che fosse un uomo di buon cuore di quasi sessant’anni. Solo io sapevo quanto quel sorriso fosse finto e disgustoso. Sotto la facciata di un adulto di buon cuore, era solo un vecchio disgustoso che aspettava un’opportunità per molestare il figliastro tutto il tempo.

**********

Quando ero alle medie, a parte il fatto che mia madre non mi prestava attenzione, avevo avuto una vita abbastanza normale, proprio come qualsiasi altro bambino, fino a quando mia madre non aveva scoperto che ero gay. Poi le cose avevano iniziato ad andare in discesa. A quel tempo, lo zio Sorn di solito mi difendeva calmando mia madre quando mi rimproverava furiosamente. Mi aveva anche abbracciato per consolarmi mentre piangevo a causa della mamma. Allora, avevo scambiato quell’azione per la sua benevolenza.

A quattordici anni ero troppo giovane per distinguere le vere intenzioni delle persone da quelle false.

Dopo essere entrato al liceo, cominciai a notare che lo zio Sorn mi guardava spesso, cercava di starmi inutilmente vicino e mostrava la sua premura nei miei confronti più di quanto avesse mai fatto mia madre. Allora cominciai a sentirmi strano, ma non sospettavo nulla: pensavo solo che simpatizzasse con me.

Fino a quando un giorno tornai da scuola e involontariamente mi addormentai sul divano del soggiorno a causa della stanchezza. Un tocco pesante mi strinse forte il sedere, e quel tocco mi svegliò dal sonno e mi fece aprire gli occhi per guardare. Una volta che vidi chiaramente la persona di fronte a me, tutto il mio corpo divenne insensibile per lo shock estremo.

«Uh… Zio Sorn, cosa stai facendo?» 

«Ti sto svegliando, Uea. Tua madre ha finito di cucinare. È ora di cena.»

La sua grossa mano mi schiaffeggiò il fianco mentre i suoi occhi sbavavano su tutto il mio corpo. Era così disgustoso che ero terrorizzato, corsi nella mia stanza e mi chiusi dentro tutta la notte.

Non osavo immaginare cosa sarebbe successo se mia madre non fosse stata in casa quel giorno.

Una volta scoperto, non gli importava più di nascondere la sua intenzione. Mi molestava con gli occhi e cercava di aprire la porta della mia stanza così tante volte che avevo dovuto rubare la chiave della mia stanza e nasconderla con me. Anche quando venivo rinchiuso nel bagno al piano di sotto da mia madre, una volta aveva provato ad aprire la porta, affermando che mi avrebbe aiutato, e questo aveva reso l’oscurità ancora più spaventosa per me. Per fortuna non era riuscito a sbloccare la porta perché mia madre l’aveva trovato per prima. Allora, poiché avevo percepito il danno imminente, avevo provato a farlo sapere a mia madre, ma una volta averlo detto, mi aveva rimproverato e picchiato, urlandomi contro come una pazza. 

«Non è già abbastanza imbarazzante per me avere un pervertito come te come figlio?! Hai l’audacia di dirmi che tuo padre ti ha molestato?! È un uomo! Non è frocio come te! È così buono con te e tu osi diffamarlo?! Figlio malvagio e ingrato!»

Quella era stata la prima e unica volta che lo avevo menzionato, e il risultato mi aveva fatto capire che da quel momento in poi avrei dovuto fare affidamento solo su me stesso per sopravvivere a tutto.

Gli anni del liceo erano stati il ​​periodo più difficile della mia vita. Per me quella casa non era diversa dall’inferno. Avevo vissuto in una tale paranoia che mi aveva quasi fatto impazzire, e da adolescente ero troppo sciocco, imbarazzato e spaventato per dirlo a qualcuno. Avevo cercato di essere normale, quindi i miei amici e insegnanti a scuola non avevano idea di cosa stavo affrontando.

Fortunatamente, quando ero al penultimo anno delle superiori, lo zio Sorn aveva ottenuto un nuovo lavoro come rappresentante di vendita e gli richiedeva di viaggiare in altre province, quindi non tornava a casa così spesso. Pertanto, dovevo stare attento solo quando era a casa, che era solo una o due volte al mese fino a quando non mi ero diplomato al liceo ed ero entrato in un’università. Altri adolescenti avrebbero potuto essere spaventati all’idea di stare lontani dalle loro famiglie e trasferirsi in un dormitorio, ma quello fu il giorno più liberatorio della mia vita.

Quel posto non era sicuro. Quella non era casa mia. Se non fosse stato assolutamente necessario, non avrei pensato mai più di andare lì. 

Ma oggi…

«Sbrigati a cenare. Ti stavamo aspettando tutti!» La mamma strillò di nuovo, così potei solo seguirla in cucina mentre mi compativo mentalmente.

Cosa mi aspettavo? Mi aspettavo di essere accolto calorosamente? È mai stato così?

Mi sedetti accanto a mia sorella che si era affrettata a versarmi del riso nel piatto e mangiai in silenzio. Mia madre che era seduta di fronte a me si accigliò quando mi guardò mentre il mio patrigno che era seduto a un’estremità del tavolo mi guardava di tanto in tanto. Tonkhao  aveva cercato di alleggerire l’atmosfera a tavola avviando una conversazione con ognuno di noi, ma gli adulti non le avevano prestato molta attenzione. Così, il tavolo da pranzo si era riempito di un tale disagio che mi aveva fatto perdere l’appetito e che aveva mostrato chiaramente che eravamo molto lontani dall’essere una famiglia felice.

«Come va?» Dopo molto tempo, mi chiese zio Sorn.

«Te lo sta chiedendo tuo padre. Rispondigli!» disse la mamma con voce acuta quando vide che stavo mangiando come se non avessi sentito quella domanda.

Strinsi più forte il cucchiaio nella mia mano e dissi in tono piatto: «Così così.»

«Questa volta sembri più vivace, Uea. Sono contento di vederti così,» continuò, mentre dovetti sopprimere la sensazione di voler vomitare il cibo che avevo appena mangiato quando lo sentii chiamare il mio nome. 

«Stai bene, ma in questi giorni tua sorella sta studiando così tanto. Ha bisogno di frequentare un corso di matematica in un istituto universitario. Noi non facciamo così tanti soldi. Non so più dove troverò i soldi per mandarla a scuola.» pronunciò improvvisamente mia madre. Gli occhi che assomigliavano ai miei mi fissarono in attesa prima di dire la frase successiva che mi fece congelare.

«Hai soldi? Puoi trasferirne un po’ a tua sorella? Diciamo cinquemila, va bene?»

Avevo solo finito metà del riso nel mio piatto, ma il mio stomaco si sentiva sgradevolmente pieno. Posai la forchetta e il cucchiaio poiché non avevo più appetito.

Ho capito perché mamma ha detto a Tonkhao di invitarmi a casa…

«Allora, oggi… mi hai chiamato qui solo per parlare di questo?» 

«Certo. Quando ti ho chiamato, non hai mai risposto. Devi rispondere alle mie chiamate. Non pensare di stare bene da solo e lasciaci così.» Mi fissò con evidente disappunto. Quelle parole di rimprovero peggiorarono l’atmosfera a tavola.

Distolsi lo sguardo da mia madre, cercando di respirare profondamente per raccogliere la mia pazienza.

Ero arrabbiato. Ero triste. Volevo andarmene da lì. Volevo smettere di preoccuparmi. Tuttavia, quando mi rivolsi a Tonkhao e vidi il suo viso completamente pallido, non potei farlo.

Il guadagno del servizio di lavanderia della mamma era stato instabile. Era improbabile che solo lo stipendio da rappresentante di vendita del mio patrigno potesse ricoprire le spese di tutto. Era così da quando andavo ancora a scuola, ma quello che mi aveva ferito di più fu che almeno in quel momento la mamma aveva provato a trovare soldi in modo che mia sorella potesse entrare in una scuola materna, mentre aveva detto che non era necessario quando ne avevo bisogno. Quella evidente ingiustizia mi aveva fatto desiderare di essere scortese, ma poiché sapevo dannatamente bene quanto mi fossi sentito male quella volta, quando non potevo andare a scuola come gli altri, non potevo lasciare che accadesse a mia sorella.

Non era affatto colpa di Tonkhao.

«Scusatemi…» decisi di alzarmi.

Il viso di Tonkhao divenne ancora più pallido, cercando di chiedere: «Phi Uea, non… non vuoi più mangiare?»

«No. Adesso vado.»

«Non devi affrettarti a tornare. Puoi passare la notte qui. Pulisco ancora spesso la tua stanza.» Pronunciò zio Sorn, ma io lo ignorai completamente e mi voltai a guardare mia madre il cui volto era accigliato.

«Per quanto riguarda i soldi, aspetta che ricevo il mio stipendio e lo trasferisco sul conto di Tonkhao. Quanto a te, iscriviti e mandami la ricevuta.» Una volta averlo detto, il viso di mia madre divenne più rilassato, che mi ferì ancora di più. 

Presi le chiavi della macchina e corsi fuori di casa.

Avrei dovuto capire molto tempo prima che ero solo un bancomat per mia madre.

«Phi Uea.» Tonkhao corse fuori di casa dietro di me, sembrava sul punto di piangere. Mi afferrò il braccio e disse con voce tremante: «Io… Non sapevo che avrebbe detto qualcosa del genere. Non avrei dovuto chiamarti qui.»

«Va tutto bene.» Le arruffai i capelli mentre le sorridevo debolmente. «Torna dentro e continua a cenare. Ho visto che hai a malapena mangiato. E se vuoi rivedermi qualche volta dopo che hai finito le lezioni al doposcuola nel fine settimana, chiamami, e io ci sarò.»

«Mi dispiace…»

«Va bene. Vado.»

Il cielo al tramonto divenne cremisi, pieno di nuvole di pioggia. Schiacciai il pedale dell’acceleratore, lasciandomi alle spalle quella casa. I miei occhi guardarono dritto davanti a me e mi sforzai di sorridere amaramente.

A ventisette anni, non ero ancora abbastanza intelligente e determinato da tagliare fuori mia madre. Speravo ancora scioccamente che mia madre potesse aver avuto una piccola frazione di amore e premura per me, e quello che era successo aveva già dimostrato che non era vero. Mia madre probabilmente non si era nemmeno ricordata del mio compleanno. Poteva anche essere stata Tonkhao a parlargliene, e lei aveva visto l’opportunità di chiamarmi a casa per dissanguarmi. Tutto qui.

Il mio compleanno quest’anno è stato peggio di qualsiasi altro anno. 

Continuai a guidare senza una destinazione precisa. Non volevo ancora tornare nel mio condominio. Non volevo immergermi da solo nei miei pensieri. Per un momento, pensai di guidare per andare a trovare Jade nel suo appartamento, ma poi mi ricordai che lui e Mai avevano appena fatto pace ed era un giorno di festa. Forse erano usciti o avevano cenato insieme da qualche altra parte. Non volevo interrompere il loro tempo insieme.

Il mio cervello era così intorpidito che non riuscivo a pensare a niente, così decisi di accostare a lato della strada e mi adagiai sullo schienale. Chiusi gli occhi e molto tempo dopo li riaprii.

Diedi un’occhiata al telefono sul sedile del passeggero, fui colto dal momento e chiamai qualcuno. 

[Sì? Sei tu quello che mi chiama per primo. Quindi, all’improvviso hai sentito la mia mancanza, vero signor Anon?»

«King, sei a casa tua?»

[Sì.]

«Posso venire?»

[Ieri hai cercato di sbarazzarti di me, ma oggi vuoi venire a trovarmi?]

«Allora? Posso venire?» chiesi di nuovo con voce seria. L’altro capo della linea fu silenzioso per alcuni secondi prima di rispondere. 

[Va bene. Quando arrivi, chiamami così scendo per venirti a prendere.]

Riattaccai il telefono e andai dritto al lussuoso condominio di Silom. Ci vollero meno di venti minuti per raggiungere la destinazione. Chiamai di nuovo King, e presto il ragazzo alto con una maglietta bianca e pantaloni di cotone venne a prendermi nell’atrio per tornare insieme nella sua stanza.

«Perché sei venuto improvvisamente a trovarmi?» Non appena la porta della stanza si chiuse, King si voltò a guardarmi dubbioso. 

«Per avere il mio regalo.» Dissi in tono piatto. Quando lo vidi alzare le sopracciglia, mi avvicinai a lui, misi una mano sul suo ampio petto e guardai il viso della persona più alta.

«Hai detto che saresti stato il mio regalo di compleanno, giusto? Quindi, sono qui per prendere il mio regalo.» Dissi mentre tiravo verso di me il collo dell’altra persona per un bacio. King rimase fermo per un po’ e ricambiò rapidamente. Le labbra spesse sfiorarono a lungo le mie labbra affettuosamente. Il respiro della persona il cui braccio mi cingeva la vita si fece più corto. Quello sguardo in cui giaceva la lussuria mi fissava profondamente negli occhi.

«Sembri stressato.»

«Un po’.» Lo ammisi e mi spinsi nel suo abbraccio finché il mio corpo e il suo non furono premuti l’uno contro l’altro. Sorrisi appena quando sentii qualcosa di caldo e duro contro la mia pancia. Alzai le braccia e le avvolsi intorno al collo di King mentre sussurravo scherzosamente accanto al suo orecchio: «Puoi alleviare il mio stress?»

«Sicuro.» La voce profonda e roca accettò senza alcuna esitazione.

Ci baciammo di nuovo. I nostri vestiti furono tolti. I nostri corpi nudi si rotolarono insieme sul letto. I nostri ansimi e gemiti risuonavano nella vasta camera da letto. Le mie unghie colpirono la schiena di King con lussurioso piacere mentre mi lasciavo trasportare dai tocchi che King mi dava.

Nel momento in cui tutti i miei pensieri vennero sopraffatti delle emozioni, il mio cuore che era stretto dalla delusione divenne più rilassato.

Il piacere si precipitò nel mio corpo mentre il nostro viaggio giungeva alla sua conclusione. 

Chiusi gli occhi, sdraiato lì e ansimante sotto il grosso corpo di King che ancora nascondeva il suo volto nel lato del mio collo, senza allontanarsi. Questo poteva non essere stato il modo giusto per alleviare il mio stress, ma, almeno, mi aveva aiutato a fuggire temporaneamente dal dolore.

«Uea.» La voce bassa e roca mormorò il mio nome.

In risposta gemetti sommessamente nella mia gola e sentii un lungo sospiro dalla persona sopra di me prima che mi chiedesse: «Vuoi dirmi qualcosa?»

Aprii gli occhi e incontrai il suo sguardo con riluttanza. Il suono dei nostri respiri erano uniti al silenzio della stanza. 

«Sono andato a casa mia oggi.» Alla fine, borbottai una risposta, e proprio così, King sembrò capirmi perché non mi fece più domande. 

Le sue labbra fumanti mi baciarono lungo il lato del mio collo e si spostarono sulla mia spalla prima di alzarsi per mordicchiare dolcemente il mio lobo dell’orecchio mentre sussurrava.

«Sono solo le otto.»

«E?»

«Abbiamo altre quattro ore prima che il tuo compleanno finisca. Continuerò a darti il ​​tuo regalo fino alla fine del tuo compleanno, d’accordo?» Il ragazzo sorrise civettuolo.

Sospirai, socchiusi gli occhi e lo guardai stancamente, ma poi la sua frase successiva mi fece sentire come se qualcosa mi fosse rimasto bloccato in gola.

«Buon compleanno.»

La punta del suo naso prominente si abbassò per accarezzare dolcemente il mio naso prima che le sue grosse labbra baciarono le mie. I miei occhi iniziarono a bruciare quando mi resi conto che quando ero tornato a casa, mia madre non mi aveva nemmeno augurato un buon compleanno, mentre King, che non faceva parte della mia famiglia, si prendeva cura dei miei sentimenti più delle persone della mia famiglia.

Che scherzo malato.

Ricambiai il suo bacio, stimolando una nuova ondata di tocchi caldi. Gridai ripetutamente il nome della persona sopra di me. La mia voce accompagnava il suono umido dell’azione penetrativa. La vita affusolata che si stava spingendo nel mio corpo mi fece precipitare così profondamente nello stato d’animo lussurioso che non volevo tornare alla realtà.

Non ero sicuro se quelle lacrime che stavano sgorgando dai miei occhi offuscandomi la vista fossero il risultato del piacere fisico o del dolore mentale.

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Sonia

sono davvero meravigliosi, dolcissimi!!❤️

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