ENCHANTÉ – CAPITOLO 1

Chi è Enchanté? (1)

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«Studiare è divertente, Khun Nu.»

Sentì la voce dell’autista in abito nero mentre le porte del furgoncino si aprivano automaticamente. Thew si voltò e sorrise all’uomo, che probabilmente era quello della casa. Afferrò una borsa di pelle contenente articoli di cancelleria e scese dall’auto, fermandosi davanti al cancello della scuola con il cuore che tremava.

Thew o Theo Asawa-ek-anan era l’unico figlio del Dottor Thamrong Asawa-ek-anan, il preside della scuola che aveva di fronte in quel momento. Al giovane era stato ordinato di tornare improvvisamente dalla Francia perché suo padre voleva che si iscrivesse al sistema di istruzione superiore thailandese, quindi aveva dovuto riprendere dal secondo semestre della quinta elementare, altrimenti i crediti trasferiti non sarebbero stati sufficienti per superare l’esame di ammissione all’università in base alla sua età.

Per un attimo, Theo si fermò e guardò la scuola che avrebbe dovuto frequentare per un altro anno e mezzo, prima di decidere di varcare la soglia. Camminò lentamente e si guardò intorno, il giovane non aveva mai studiato in Thailandia prima, anzi quasi non aveva mai trascorso del tempo lì.

Theo viveva in Francia con sua madre, che si era separata dal padre più di dieci anni prima, anche se lì la vita non era così bella, era molto meglio di quanto avrebbe potuto essere perché suo padre aveva pagato tutti gli alimenti facendo in modo che lui e sua madre non avessero il diritto di discutere, ben sapendo che il denaro che aveva pagato per i suoi bisogni apparteneva all’uomo che gestiva la scuola che stava calpestando.

Le persone sconosciute, la lingua, il sistema educativo e la cultura lasciarono il giovane senza fiato, almeno in quel momento.

«Nong!! Nong!!» Qualcuno lo chiamò, ma non rispose. 

«Nong!! Nong!!»

«…»

«Nong, aspetta un minuto.»

Urla in sequenza e un leggero tocco al gomito destro fecero fermare Theo, che si voltò a guardare il proprietario di quella voce. La persona davanti a lui era un uomo in uniforme scolastica, ansante probabilmente per avergli corso dietro visto che non si era fermato mentre lo chiamava.

Theo si chiese se fosse lui quello che stava cercando perché non era sicuro se quella persona stesse parlando a lui o meno.

«Sei tu? Sei Nong Theo? Mi chiamo Phupha.» Disse l’altro interlocutore, ancora ansimando ma mostrando un ampio sorriso amichevole. Theo non rispose nulla, ma ricambiò con un sorriso incomprensibile.

«Io sono il tuo Phi, non so se conosci o meno il sistema del codice ma in Thailandia gli studenti che hanno lo stesso codice ogni anno continueranno a prendersi cura l’uno dell’altro, noi lo chiamiamo code line, tu sei il mio Nong e io il tuo Phi e io ho il dovere di prendermi cura di te,» affermò Phupha.

Theo non rispose come al solito, se non con un sorriso che sperava gli facesse capire tutto.

«Sono qui solo per dirti che mi chiamo Phupha. Ne parleremo più tardi.»

L’uomo sorrise calorosamente ancora una volta prima di allontanarsi, agitando le mani e allontanandosi, il giovane guardando la scena per un momento prima di voltarsi e continuare a camminare verso il suo obiettivo.

Attraversò la sala amministrativa e delle pubbliche relazioni finché non si fermò nel cortile davanti all’asta della bandiera all’incrocio dell’edificio.

«Nong!! Nong!!»

«…»

Ancora una volta smise di camminare, non per il suono del richiamo, ma perché un oggetto era rotolato ai suoi piedi e quando guardò in basso vide una palla immobile, si chinò per raccoglierla e alzando lo sguardo vide qualcuno in piedi là.

«La palla.»

L’uomo dall’altra parte della strada gli fece un sorriso luminoso, ma Theo non rispose, restituì solo la palla.

«Mi chiamo Wayo, sono un giocatore di calcio a scuola e mi sto allenando per la competizione. Perché non conosco la tua faccia?» Chiese l’uomo di fronte a lui, aggrottando la fronte sospettoso.

«…» Theo decise di non rispondere, ma ricambiò il sorriso.

«Va bene, in bocca al lupo, devo andare, mi chiama il mister.»

Wayo si voltò per rispondere alla voce di un uomo più anziano che lo aveva frettolosamente chiamato dal cortile prima di girarsi per sorridergli e correre via tenendo la palla, Theo continuò a camminare verso l’ombra dell’edificio poco distante. Salì al quinto piano nell’ala destra dell’edificio per andare alla stanza 501. Alzò lo sguardo e vide i numeri delle stanze che erano lì abbastanza a lungo per indovinare che la classe che stava cercando era probabilmente su quel piano.

«Ehi, alza un po’ di più il volume del basso, voglio che si senta più forte.»

Il suono che attraversava il microfono veniva fortemente amplificato attraverso la stanza, che sembrava essere insonorizzata. Theo fissò attraverso la finestra di vetro dell’ingresso e vide il proprietario della voce.

In quel momento, l’uomo emanava un’aura simile a quella di un famoso cantante, nel momento in cui i loro occhi si incontrarono, improvvisamente si fermò e lo guardò involontariamente.

«Ehi Sayfa, andiamo con la musica. Cosa c’è? Che succede?»

La voce invisibile di qualcun altro della band risuonò dopo che l’uomo fece finta di voltarsi per dire qualcosa che non proveniva dall’amplificatore, il proprietario del nome Sayfa agitò la mano con noncuranza, mentre lo guardava deliberatamente.

«Voglio dire a una brava persona che Phi ama Nong, ma la bellezza può corrompere, se flirti con me, mi prenderai a calci?*»

*[N/T:Cover della canzone thailandese ไอน ้ำ (วงดนตรี)]

Una voce dolce e gentile veniva fuori dall’altoparlante, mentre il proprietario della voce continuava a guardare Theo, cercando di trasmettere il significato della canzone. Theo lo fissò per un momento prima di distogliere lo sguardo, poi tornò indietro, lasciandosi alle spalle la sala prove di musica.

Il giovane camminò dall’ala destra all’ala sinistra dell’edificio, cercando da un numero all’altro davanti alla stanza che continuava a rimpicciolirsi. Se aveva indovinato, la stanza 501 doveva essere in fondo. 

L’edificio era inconfondibile.

Bussò alla porta aperta all’estrema sinistra dell’edificio senza numero di stanza, ma sembrava essere vuota e non c’era nessuno tranne un uomo che stava usando un pennello per disegnare sulla tela, non era molto chiaro ma a quanto pareva c’erano segni di inchiostro nero scritti sopra.

Theo si guardò intorno nella stanza, quella probabilmente non era la stanza che stava cercando, oltre al fatto che era vuota, non era un’aula.

L’unico uomo nella stanza spaziosa continuava a disegnare senza alcun interesse, Theo aprì più volte la bocca per fare una domanda, ma alla fine cambiò idea e non disse nulla.

L’uomo non si voltò nemmeno a guardare, si limitò ad alzare il pennello in mano per puntarlo contro il muro sopra la porta della stanza. Theo alzò lo sguardo e vide che c’era il numero 500. Il giovane annuì comprensivo prima di ritirarsi per dirigersi verso la stanza attigua.

«Oh, la matricola di cui ho parlato, è proprio di fronte a me,» disse una giovane donna sulla quarantina con un’espressione affabile quando vide il viso di Theo, prima di invitarlo a stare di fronte alla classe. C’erano circa 30 studenti in quel momento e, cosa più importante, tutti nella stanza ora lo stavano fissando.

«Presentati, entrando così nel secondo semestre, devi sorridere bene per trovare velocemente un gruppo di amici.» L’insegnante gli si avvicinò e parlò con un sorriso mentre girava la testa per guardare gli altri studenti in aula.

«È davvero di razza mista,» disse piano qualcuno.

«Ha anche gli occhi azzurri,» disse un’altra voce.

«Ti sei trasferito dalla Francia? Presentati in francese.» Disse un’altra persona

Sembrava che la voce più chiara che potesse sentire provenisse da una ragazza nella parte anteriore dell’aula, che parlava con un tono che non era sicuro se fosse amichevole o meno. Theo poté solo voltarsi e sorridere educatamente.

«Salut, je suis Theo. Je suis à moitié thai, à moitié français.» (Ciao, mi chiamo Theo, sono metà tailandese e metà francese.)

«Je sais que cela paraît simple mais j’aimerais vous dire que…» (So che sembra semplice ma voglio dire qualcosa a tutti…)

«Ravi de vous rencontrer.» (Sono felice di conoscervi.)

«Enchanté!» (Incantato!)

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